DISTR/AZIONE
SU CANZONI NAPOLETANE
di Girolamo De Simone
voce narrante: Vincenzo
Maiello
PRIMO INSERT
NASTRO
Segue VOCE:
“...e alla fine
si deve arrivare alla resa dei conti.
la città del
sottosuolo ci sopravanza, invade l’illusione di pienezza che ci siam fatti e...
si dimentica di tutto quel che è storia
questa Napoli
senza memoria... una ‘città di merda, come scriveva Striano
in realtà è una
città di tufo, cavità, vuoti improvvisi e cedimenti
città di
voragini improvvise, che s’aprono anche ai quartieri alti
una città
postmoderna, perché già abituata alla precarietà, che oggi è di moda
qui
l’emigrazione interna non è affare fascista
è affanno
quotidiano, e solitudine
come diceva
Compagnone «Napoli è una città dove la solitudine ha qualcosa di corposo, di
solido, di materiale. E’ una solitudine pesante, non lieve ma greve, non
trasparente ma opaca, non silente ma rumorosa. E’ una solitudine nella ressa,
nel rumore, nel disordine. E’ una solitudine senza poesia, senza nulla di
allusivo, di pacato, di raccolto»”
SECONDO
INSERT NASTRO
Segue VOCE:
“...allora si
deve arrivare alla resa dei conti, e in un modo o nell’altro confrontarsi col
Nemico
la monnezza, la
camorria, l’invadenza
pizza, sole e
mandolini
gite fuori porta
Lui, il
Napoletano, vuole rendersi simpatico e sopportabile; farci accettare il suo
modello
come l’unico
possibile. Suvvia, un po’ di tolleranza!
Ma nulla è meno
sopportabile del Napoletano Simpatico
quello che ha
sempre bisogno di un filtro, di una sovrastruttura, qualcosa che lo ‘traduca’
al resto del mondo e lo renda plausibile. Lui vuol farsi accettare così com’è,
senza sforzarsi di cambiare, lui che deve sempre mettere il cappello della sua
napoletanità sulla sua musica, sul suo cinema, sulle sue scritture.
Non è che non si
debba “dire” Napoli.
E’ che non si
può “sempre” dire Napoli.
Dire Napoli
perché in fondo non si ha altro da dire
Le gite fuori
porta e gli spaghetti diventano l’unica icona possibile di una città che si
parla addosso
Per questo
noialtri, che qui viviamo, dovremmo essere alla resa. Non dico arrenderci o
emigrare. Dico che dobbiamo davvero fagocitare queste pizze, questi mandolini,
questo sole e questo mare. Mangiamoci gli spaghetti e... facciamone altro.”
TERZO INSERT
NASTRO
QUARTO INSERT
NASTRO
Segue VOCE:
“Non cancelliamo
questo folclore, trasformiamolo a nostro uso e consumo, rendiamolo
irriconoscibile, giochiamoci, a costo di rovinarlo. Macchiamolo, alteriamolo,
confondiamolo, diamogli un calcio in culo e facciamo in modo che con la nostra
Azione la sua identità possa mutare.
Agiamo in
maniera un po' distratta, rubiamo queste belle melodie, questo ingombrante
valore aggiunto della nostra identità, rendiamola mutante come noi in fondo
siamo. Distraiamo le cose dal loro fine abituale e rendiamole diverse.”
QUINTO INSERT
NASTRO
Segue VOCE:
“No all’ennesimo
canto a fronna, all’ennesima banda, all’ennesimo pezzo vocale, al nuovo
arrangiamento, al nuovo potere napoletano, al nuovo cinema napoletano, alla
nuova soap napoletana, ai nuovi emergenti napoletani.
Un po’ di
autoridimensionamento, un po’ dell’altra Napoli, quella che non va a pogare e
si fa il culo. Quella che non spara e non invade l’altro. Quella che se fa una
gita fuori porta non lo fa sapere al resto del mondo. Quella che non lancia
fuochi d’artificio. Quella che fa le feste delle lucerne, e per una volta prega
‘in silenzio’ alla Madonna dell’Arco. Quella che ascolta musica in auto senza
pompare, spaccarsi i timpani ed obbligarci fin dall’ascolto alla violenza
subita senza nulla poter fare.
L’altra Napoli.
L’altra Napoli silenziosa”
(stop luci)
(fine)