“CRONOLOGIE”
fino al 1999
CONCERTI
4
Marzo
ESECUZIONI DI BRANI ORIGINALI
(concertazione e/o direzione. In questo elenco sono esclusi i concerti solistici già elencati
più sopra)
19
Gennaio
DIREZIONE DI CORO
17
Aprile
SCHEDE
SULLE COMPOSIZIONI (fino al 1999)
TITOLO: CHIMAERAE
ANNO DI COMPOSIZIONE: 1982
ORGANICO: PIANOFORTE
DURATA: 8’/10’
NOTE: PRESENZA DI TESTO LETTERARIO (Le Chimere
d’Aleph, Ciesseti Editore,
1984) E DI IMMAGINI.
La risonanza e la
perdizione nell’infinito: questo ho tentato di
esprimere in Chimaerae,
dodici preludi per pianoforte; si è usata la dispersione sonora per significare
l’infinito, per opinare dei frammenti d’eterno in vere e proprie elegie
musicali. Chimaerae
ha reso operante una lettura a più livelli, con variegate finzioni:
letteratura, musica, pittura, che sviluppate sempre in
rapporto di interazione diventano finzione per celare un contenuto ermetico. La
chiave dell’opera, che ne dichiara il corpus, è posizionata al termine del
lavoro letterario: solo alla fine sottili lacci vengono
tesi, e il tessuto narativo è cumulato, e viceversa,
a quello musicale-pittorico. Va da
sé che la partitura può simbolizzare anche da sola il piacere estetico della
visione, e la scrittura quello dell’ascolto... Descrizione e suono, suono e
visione: l’effetto è il medesimo in ogni caso: uno spasmo. Questo
procedere spasmodico, che trae la sua ragion d’essere in una presunta
aporia che provoca dolore ed estasi, va compreso nella sua essenza più
profonda; ed allora, il Thil Elenspiegel
di De Coster ed il secondo concerto per pianoforte e
orchestra di Brahms potranno essere assimilati,
assorbiti con il medesimo godimento. Armonie presenti anche tra Hoffmann e Grieg (gli Elisir del diavolo son
vicinissimi al Peer Gynt) tra Brueghel, Bosch e la Danza degli Elfi di Grieg;
tra Egon Schiele ed il Prèlude à l’après-midi
d’un faune.
Chimaerae non è titolo posticcio
che voglia nascondere contenuti inesistenti, indica piuttosto qualcosa di evanescente, rarefatto; qualcosa di prossimo alla
visione. Nelle prime note della Chimera I si allude alla sovrapposizione
armonica di una dodecafonia a larghe maglie. Non vi è, comunque,
nessuno stimolo intellettualistico, o razionale, sul tipo dei divertissement maderniani o beriani. Si tratta
di suoni completamente sciolti, liberi nella loro entrata ritmica, che si sovrappongono l’un l’altro con la stessa intensità.
Lasciano, grazie a un pedale sempre mantenuto,
un’atmosfera di magia, di mistico accadimento. La sospensione è interrotta dagli accordi meditabondi, quasi corale, che si alternano
secondo linee di armonia-dissonanza. E’ l’estensione della concezione di
‘disturbo’ dodecafonico cara al Savinio di Les chants de
La seconda chimera
analizza a fondo, ed esaurisce, la concezione del pedale tenuto. Infatti, il
pedale non va mai sollevato, obbligando ad una estrema
lentezza nell’esecuzione, nel sommario rispetto dei valori, nella sosta
prolungata fin quasi all’esaurimento delle vibrazioni, nella notazione delle
note che devono essere più intense. Da segnalare, anche, inserimento di piani
armonici ravvicinati. La semiminima viene suonata
prima, in modo da reggere
La dodicesima chimera è,
poi, del tutto inesistente.
TITOLO: VARIAZIONI SUL VENTO
ANNO DI COMPOSIZIONE: 1983-85
ORGANICO: PIANOFORTE
DURATA:
Le Variazioni sul vento prendono questo nome dal tema e dal controsoggetto prescelti. Il tema è quello della canzoncina
francese Vent qui chante..., sulla quale Eugenio Fels aveva
costruito una sonata per pianoforte. Affascinato da quest’ultima,
ne estrapolai il controsoggetto,
sottoponendolo, assieme al tema, ad alcune variazioni molto particolari,
ciascuna pensata per una difficoltà tecnica. Ne scaturirono sette variazioni.
La prima espone il tema originale cambiandone completamente le armonie. La
seconda è pensata ‘soltanto per tasti bianchi’,
usando quindi in modo prevalente la modalità; nell’ultima parte di questa
variazione vi è ampio sfogo di un pianismo moussorgskyano, concluso da
un’ottava con cluster (bianco) simile alle cosiddette
‘zampate di leone’ (usate nella tradizione pianistica
tardoromantica) e da un rapido inciso minimale. La
chiusura è affidata ad un corale che presenta una caratteristica esecutiva
particolare: non cadere mai sul tempo dato, cogliendo invece sempre il levare,
un po’ come accade nel jazz (cosa, naturalmente, che
non è notata nella versione pubblicata, essendo lasciata alla sensibilità
dell’esecutore). La terza variazione è per sola mano destra, e riprende
pertanto un lavoro già intrapreso con il Preludio
per sola mano destra del 1982. I procedimenti usati sono vicini a quelli
utilizzati nel concerto per sola mano sinistra di Ravel.
Con una importante variante: in due punti è prevista
un’improvvisazione su note date nell’ottava più bassa della tastiera, e che
dovrebbe raggiungere un ‘clamore’ simile alla melodia di timbri. Ma ciò è sufficientemente breve da non annoiare il pubblico.
Dopo aver prodotto il clamore (‘clangore’, per usare
un neologismo), si ritorna all’emissione di biscrome, con una variante del
tema. La quarta variazione è una permutazione piuttosto razionale del controsoggetto, con sincopi molto accentuate. A metà
variazione subentra un nuovo tema, con quattro entrate successive a canone, e
con una variante ammessa: l’alterazione cromatica consentita fino al doppio
diesis o bemolle, purché non cambi nome alla nota. La quinta variazione si
sviluppa sul pedale di la (mantenuto col tonale del
pianoforte) della precedente. E’ una piccola parentesi lirica. La sesta
variazione riprende immutata una delle Chimere.
La settima, ed ultima, è una toccata molto virtuosistica
con notevoli spostamenti ritmici e movimento di masse timbriche di natura
eccezionale. E’ conclusa da una rapida volata delle
due mani e da un colpo sulle corde.
TITOLO: LAMENTATIO DOCTORIS FAUSTI
ANNO DI COMPOSIZIONE: 1985-86
ORGANICO: PIANOFORTE
DURATA: 5’/7’
Lamentatio è quello che resta di
un lavoro molto più ampio che avevo progettato
originariamente per pianoforte e orchestra. Si trattava, come
lo stesso titolo suggerisce, di un brano ispirato al Doctor Faustus di Thomas
Mann, e, quindi, alle suggestioni da me descritte nel
volume Le parole sospese (ESI 1988).
E’ importante per diverse ragioni. La prima risiede in una consapevolezza: è
certamente possibile notare per esteso una improvvisazione;
se ne può anche genericamente importare l’atmosfera. Ma
l’atto stesso della scrittura finisce col depotenziare l’improvvisazione. E’
quel che è accaduto tra l’Improvvisazione
del 1985, registrata durante un mio concerto, e
TITOLO: V.I.T.R.I.O.L.U.M.
ANNO DI COMPOSIZIONE: 1990
ORGANICO: PIANOFORTE
DURATA:
Vitriolum sta per: “Visita
interiora terrae rectificando
invenies occultum lapidem vera medicinam”. Si
tratta di una esortazione alla ricerca della pietra
filosofale. Più prosaicamente, è un brano importante perché segna
l’allontanamento dall’accademia e l’emergenza e urgenza di una necessità
creativa non imbrigliabile nelle maglie delle quinte ed ottave proibite. Una
necessità profonda, non rinviabile. Il lavoro è stato pensato per quartetto
d’archi, ma è stato scritto avendo sotto le mani la tastiera di un pianoforte.
Pertanto si tratta di un brano poco pianistico la cui espressività viene prevalentemente consegnata ad una dimensione interiore
ancora legata alla ricerca del ‘detto’, del linguaggio da usare. Il gioco è
condotto da parti che si muovono in estremo cromatismo, con condensazioni e
rarefazioni (intensificazioni) tra i differenti strati (in ciò può essere
collegato secondo un unico filone di ricerca al successivo Solve per trio, in cui si procederà invece alla rarefazione del
suono). Le influenze maggiori sono rivolte al pianismo
scriabiniano e ad un certo jazz raffinato di matrice evansiana, che sortirà un esito futuro in brani come Philly Song.
TITOLO: SOLVE
ANNO DI COMPOSIZIONE: GIUGNO 1991
ORGANICO: VIOLINO, VIOLONCELLO, PIANOFORTE
DURATA: ca
Solve nasce su commissione dell’Ensemble Melencolia nel giugno 1991. Scritto
sfruttando la nuova possibilità di notare ogni oscillazione temporale, e quindi
ogni rubato ed ogni sfasatura ritmica, offerta dalle nuove tecnologie di
sequencer, ma pensato per tre strumenti acustici
tradizionali. La partitura viene ‘corredata’ della
registrazione di una esecuzione gestita dal computer: una pista di riferimento
che non esclude reinvenzioni o soluzioni esecutive
diverse, ma che offre la possibilità di individuare, paradossalmente, il
‘suono’ a cui il compositore ha pensato. Il paradosso nasce dal fatto che gli
strumenti utilizzati dal computer sono sintetici, e/o campionati, comunque certo non acustici: ma il suono prolungato emesso
da quegli strumenti sintetici può dare un’idea del risultato finale cui i tre
strumentisti devono tendere: un suono che si adagia sul pensiero, e che vi si
adegua. Questo pensiero non ‘pensa’ gli eventi secondo
una formulazione simile al ‘detto’, cioè non segue i predicati e gli stilemi
tipici della frase musicale, ma osserva la realtà del suono dall’interno del
suono stesso. L’influenza di Giacinto Scelsi non
potrebbe essere più dichiarata di così. Il titolo Solve sta ad indicare la prima parte, ed il primo risultato,
dell’Opera alchemica: lo scioglimento della materia, cui dovrebbe seguire un coagula successivo (e al coagula già era stato dedicato Vitriolum). E,
difatti, l’intuizione che qui si presenta è che al medesimo risultato possono
concorrere i due sistemi di scrittura, quello che cerca di rarefare il suono
attraverso la una rivisitazione interiore, la lettura
introspettiva che se ne dà, e quello che si avvale di una pluralità di segni
che ancora cercano di ‘dire’ qualche cosa, ancora si avvalgono di sequenze
discorsive per così dire ‘esterne’, ma che perseguono lo stesso fine:
l’affermazione dell’Opera come valore. L’interno e l’esterno appaiono così come
il medesimo. In questo senso si proseguono in una direzione inedita certe
acquisizioni già presenti nel mio Lied
e nelle Chimaerae,
e teorizzate nel volume Le parole sospese.
TITOLO: FABULAE CONTAMINATAE
ANNO DI COMPOSIZIONE: FEBBRAIO 1994
ORGANICO: PIANOFORTE
DURATA: CIRCA
Fabulae Contaminatae è un’opera modulare che prevede un pianismo ai limiti delle possibilità dello strumento,
vicino al trattamento elettronico di suoni, velocità, possibilità combinatorie
tra ritmi ed atmosfere diversi. Le poliritmie vengono
ottenute attraverso espedienti tecnici tipici della tradizione virtuosistica classica (che risulta, però, destituita di
senso). La simulazione dei diversi timbri utilizzati nella musica minimale per
consentirne la varietà, mira invece all’applicazione delle nuove sonorità, così
come ce le ha restituite lo sperimentalismo. Larghe
fasce della composizione sono ad libitum,
a scelta dell’interprete nelle durate, ripetizioni, varianti: in ciò il debito
verso le intuizioni della musica aleatoria. In alcuni momenti vicino alla
completa improvvisazione, anche l’elemento della pura casualità fa capolino
nelle pagine di Fabulae Contaminatae,
ma attraverso l’uso di modi e schizzi armonici derivati dal
jazz più vicino al nostro tempo. Fabulae Contaminatae è quindi un lavoro sulla contaminazione
tra generi musicali, ma non è un esperimento. L’aspirazione resta quella di
riuscire a comunicare al pubblico un contenuto effettivo, realmente ‘contemporaneo’,
che sia in grado di contribuire alla formazione di un villaggio globale della musica e della cultura, multietnico,
polisemantico e senza distinzioni di valore o
partizioni di qualità.
TITOLO CONTRAPPUNTO CONTRATTO
ANNO DI COMPOSIZIONE: 1997
ORGANICO: SUPPORTO DIGITALE CDR
DURATA: 1’54”
Tratto dal precedente
lavoro Fabulae Contaminatae,
e rielaborato in più riprese (1994 / 1998), il brano enfatizza alcune
caratteristiche della musica minimale, urilizzando
espedienti elettronici discreti per interrompere la mera reiterazione contrappuntistica. Il riferimento implicito è a David Borden, autore di The
continuing story of Counterpoint, opera considerata dalla critica come le Variazioni Goldberg
del minimalismo. Ma i brani di Borden hanno una
durata media di otto-quindici
minuti, e ricordano i lavori più rigorosi di Glass (Music with chancing parts) e di Terry Riley. Nel Contrappunto Contratto ho invece cercato
in un tempo minimo di esprimere le medesime potenzialità ritmiche (soprattutto
per quanto riguarda la pulsazione) e timbriche (utilizzo di strumenti virtuali)
mantenendo la caratteristica principale della mia musica, che predilige le
forme aforistiche.
TITOLO: ICE-TRACT
ANNO DI COMPOSIZIONE: GIUGNO 1996 / MARZO 1997
ORGANICO: PIANOFORTE
DURATA: CIRCA
DESIDERATA
Pensare
al disco come ad un oggetto estetico in sé (compiuto, scolpito senza troppe
mediazioni).
Con musiche che
accompagnano immagini in movimento, ma che siano esse stesse la definizione -
evanescente - di immagini interiori.
Un
linguaggio che possa essere comunicativo senza rinunciare alla complessità.
Giocare con
sovrapposizioni armoniche e dinamiche. Stratificare pedali e risonanze. Realizzando però forme brevissime, perché la prolissità annoia.
Fondere e confondere
stili, generi, atmosfere, ma dall’interno: un gioco di riflessione (rimbalzi di
senso), di omogeneità diffusa, connessione
sotterranea, per comunicare la densità del sentito.
Vincere la tentazione virtuosistica, cercando intimismo e concentrazione.
Essere sempre e solo sulla
musica.
TITOLO: PILAR
ANNO DI COMPOSIZIONE: 1998
ORGANICO: CHITARRA ELETTRICA E PIANOFORTE
DURATA: 7’30”
Scritto su commissione
per un duo atipico (chitarra elettrica e pianoforte), Pilar (1995 / 98) è
sostanzialmente un pezzo d’occasione, pensato per l’esecuzione concertistica.
Il progetto che vi è sotteso è quello di utilizzare riferimenti semantici della
cultura popular (sel senso
allargato del termine: cfr. Richard
Middleton) per agganciare il brano alle modalità rock
della chitarra elettrica, e della cultura tardoromantica
per quelle pianistiche. Ma i riferienti si
moltiplicano e si intrecciano: dal gruppo rock dei Reinassance alle ritmiche di Chick
Corea, da allusioni alla musica chitarristica
sudamericana alla tentazione new age (Susanne Ciani, ed altri) strizzando però l’occhio ad autori
come Harold Budd. Non
mancano effetti elettronici realizzati sulla cordiera del pianoforte,
distorsioni della chitarra, ed altri espedienti di registrazione che però non
invertono la progettualità
di fondo: contaminare restando espressivi.
Alcuni ARTICOLI (fino al 1999)
1981. “Suite per il Castello di S. Martino”,
per Napoli Oggi, 5.8.81. “Francesco: un inedito lavoro” per Napoli Oggi
18.11.81.
1982. “Concerti a S.Anastasia” per
Napoli Oggi, 14.1.82. “Franz Liszt,
l’abate concertista”, per Napoli Oggi, 14.4.82. “Il maestro armeno innamorato
di Napoli” per Napoli Oggi, 12.5.82. “Luciano Cilio, l’architetto della musica contemporanea”, per Napoli
Oggi 2.6.82. “Fare musica a Napoli è quasi impossibile”, per Napoli Oggi,
23.6.82.
1983. “Realtà e illusione” per Napoli Oggi
13.1.83.
1984. “Luciano Cilio mi disse”, per Napolinotte, 25.1.84. “Ma musica
contemporanea non vuol dire solo avanguardia” per Napolinotte,
11.2.84. “Il conservatorio di Napoli” per Napolinotte
11.2.84. “Musica Nuova”, per Napolinotte, 19.2.84.
“Musica finzione e musica realtà” per Napolinotte
29.2.84. Paginone centrale “L’alchimia del suono”, per Napolinotte,
3.3.84. “Nemo propheta in patria” per Napolinotte 8.3.84. “Savinio
musicista”, per Napolinotte, 10.3.84. “Il segno e il
tempo”, per Napolinotte, 14.3.84. “Che significa
definire l’arte”, per Napolinotte, 15.4.84. “Un modo
di poesia” , per Napolinotte,
30.3.84.
1990. “Flavio Pagano pubblica spartiti poco conosciuti” per
Napoli Oggi, 15.3.90. “Savino, in arte il contagio è mezzo di comunicazione”,
per Napoli Oggi 22.3.90. “Un festival dedicato all’organo”, per Napoli Oggi,
2.4.90. “Wanderlingh allestisce rassegne d’arte e di
musica”, per Napoli Oggi, 5.4.90. “Giancarlo Sanduzzi
studia la musica medievale”,per Napoli Oggi, 8.5.90.
“Targa d’oro per giovani pianisti”, per Napoli Oggi , 17.5.90. “Raffaello Capunzo presenta
1991. “Sala Curci: la Scatola magica”,
per Napoli Oggi, 7. 3 91. “Cataldi organizza i
concerti di primavera”, per Napoli Oggi, 28. 3. 91. “Arte:
una fontana dei Virus”, per Napoli Oggi, 11. 4. 91. “Caprara
presenta un volume su Age e Scarpelli”,
per Napoli Oggi, 18.4. 91. “Il Calderone: al via una rassegna
di musica e poesia”, per Napoli Oggi, 25.4.91. “Napoletani sotto la mole”, per
ENNE, 20-5-91. “Tra gli altri /
1992. “Musicisti tra
sigaro e sigarette”, per ENNE, Gennaio 1992. “Felix
Guattari, l’uccisore di Edipo”,
per il ROMA, 2-9-92. “Ars
Nova e le voci del novecento artistico”, per il ROMA, 22-9-92. “Napoli
rilegge Croce”, per il ROMA, 30-9-92. “Un cocktail
musicale tra passato e futuro, per il ROMA, 6-10-92. “La nostra epoca scandita dalla velocità della scienza”, per il
ROMA, 18-10-92. “Diritto e potere in Michel Foucault”, per il ROMA, 25-10-92.
“Orchestra Scarlatti: Mazzetti fa dietrofront”, per il ROMA, 25-10-92.
“Alla scoperta delle partiture di Nietzsche”, per il
ROMA, 27-10-92. “Se le mucche
adorano Hegel: il libro di Baricco”,
per il ROMA, 30-10-92. “Otto appuntamenti di chitarra classica”, per il ROMA, 31-10-92. “Dalla Russia con passione: Mischa
Maisky”, per il ROMA, 1-11-92.
“A tutta
velocità sulla tasctiera”, per il ROMA, 5-11-92.
“Chitarre in villa”, per il ROMA, 9-11-92. “Moog, l’elettronico”, per il ROMA, 14-11-92.
“Quando il singolo si espone all’altro: Jean-Luc Nancy”, per il ROMA,
15-11-92. “Classici in veste jazz: Colin Muset”, per il ROMA, 17-11-92. “Il
nichilista redento”, per il ROMA, 18-11-92. “Tesi a
confronto sul meridionalismo”, per il ROMA, 22-11-92.
“Un talk-show per capire l’Avanguardia storica”, per il ROMA, 23-11-92. “Trascinante Britten per
i solisti di Harmonia”, per il ROMA, 23-11-92. “Nuove visioni musicali”, per il ROMA, 27-11-92. “L’allegro naufragio di artisti
e letterati”, per il ROMA, 27-11-92. “L’arte come spiritualità fondata
sull’intuizione”, per il ROMA, 29-11-92. “Don
Benedetto quarant’anni dopo”, per il ROMA, 29-11-92. “Stockhausen per
computer”, per il ROMA, 30-11-92. “Come un quartetto
va oltre la musica: il Kronos”, per il ROMA, 3-12-92. “Onde in musica a ‘Futuro Remoto’ “, per il ROMA,
5-12-92. “Sperimentazione? Solo per i figli d’arte”, per il
ROMA, 5-12-92. “Non solo
mandolini”, per il ROMA, 8-12-92. “Luciano Berio...in Sequenza”, per il ROMA, 11-12-92.
“La democrazia di Hans Kelsen”,
per il ROMA, 12-12-92. “Se la
primadonna è un computer”, per il ROMA, 15-12-92. “I sentieri
dell’Uno nelle pagine di Forte”, per il ROMA, 17-12-92. “Croce ed
altro”, per il ROMA, 22-12-92. “Un concerto per
l’avvenire”, per il ROMA, 24-12-92.
1993. “Croce, il violino ed il ritmo del mondo: gli scritti di Parente”,
per il ROMA, 3-1-93. “Glenn Gould il musicista, un mito oltre la storia”, per il ROMA,
12-1-93. “Dissonanzen, un itinerario tra le
note del ‘900”, per il ROMA, 15-1-93. “Opera aperta
sull’avanguardia”, per il ROMA, 20-1-93. “Suoni e colori d’Africa con Francis Bebey”, per il ROMA, 27-1-93. “Topologie
e teologia della storia: l’attualità di Heidegger”,
per il ROMA, 7-2-93. “Max Weber, il mestiere
dell’intellettuale” per il ROMA, 10-2-93. “Dissonanzen,
tra Schoenberg e Milhaud”,
per il ROMA, 24-2-93. “Il tempo
della persona e lo spazio del possibile”, per il ROMA, 27-2-93. “La
conoscenza del pensiero crociano”, per il ROMA, 6-3-93. “Krystian Zimerman, sofisticato interprete”,
per il ROMA 7-3-93. “Ives, compositore e mecenate”, per il ROMA, 14-3-93. “Quelle relazioni tra musica e testo”, per il ROMA,
18-3-93. “Requiem per non dimenticare”, per il ROMA, 26-3-93. “Sergei Rachmaninov e la crisi del moderno”, per il ROMA, 28-3-93. “Lasciate i pianisti nelle gabbie”, per ESI-News, supplemento di “Nord e Sud” 4/92 (Uscito però nel
‘93). “Musica e semiotica”, per il ROMA, 4-4-93.
“Interpreti noti e meno noti”, per il ROMA, 7-4-93.
“Strani rapporti tra spartito e solista”, per il ROMA, 7-4-93.
“Tra i banchi con lo spartito”, per il ROMA, 21-4-93.
“L’eternità nel tempo”, per il ROMA del 5-5-93. “I
figli di Bebey”, per il ROMA, 4-93. “Il gesto e il suono”, per il ROMA, 12-5-93. “Bernstein, Berg e Cage, fusione di generi”, per il ROMA, 13-5-93.
“Percorsi in musica con Luciano Cilio”, per il ROMA
del 21-5-93. “Addio pianoforte, arriva il Disklavier”, per il ROMA del 30-5-93.
“Il piano va in pensione”, per il ROMA del 2-6-93.
“Maggio potentino dedicato ad Erik Satie”, per il ROMA del 9-6-93.
“Travaglio estetico per pianoforte”, per il ROMA del 11-6-93.
“Venezia riscopre Nono e Maderna”, per il ROMA del 12-6-93. “Lo sciopero della storia” ,
per il ROMA del 6-7-93. “Finzioni e altro”, per il ROMA del 11-7-93.
“Un ensemble per conoscere i fiati”, per il ROMA del
17-7-93. “Savinio usa e getta”, per il ROMA del 18-7-93. “Se Mozart
va in pineta”, per il ROMA del 19-7-93. “Da Parigi a New York
col Quartetto Accademia”, per il ROMA del 19-7-93. “I mali
dell’Università”, per il ROMA del 21-7-93. “Capricci
arabi per chitarra spagnola”, per il ROMA del 27-7-93.
“Un Oceano di polemiche”, per il ROMA del 7-8-93.
“Successo per Ciampi all’estate sorrentina”,
per il ROMA del 19-8-93. “Diabolico Mephisto per Cesaro”, per il ROMA
del 25-8-93. “Baricco:
i premi meglio vincerli che perderli”, per il ROMA del 31-8-93. “Suoni
dal Novecento”, per il ROMA del 20-9-93 “Mann e Schoenberg” per “Il Giornale della Musica” n. 86, Settembre 93. “Alla scoperta del Novecento europeo”, per il
ROMA del 22-9-93. “La musica della Sibilla”, per il
ROMA del 22-9-93. “Panatenee, recital per piano e aria condizionata”, per il
ROMA del 23-9-93. “Con la Kammermusik
alla riscoperta dei fiati”, per il ROMA del 26-9-93. “Aprire il
confronto agli autori napoletani” per il ROMA del 28-9-93.
“Un’occasione perduta per ricordare Milhaud”, per il
ROMA del 16-10-93. “Il concerto che non c’è: annullato
l’evento Stockhausen”, per il ROMA del 23-10-93. “L’altra Napoli di Alfonso
Gatto”, per il ROMA del 23-10-93.
1994. “Cage e Bussotti, nessuna partitura”, “il manifesto” del 26-1-94.
“Musica funebre per Lutoslawski”, “il manifesto” del 9-2-94. “Erik Satie
in scena a Napoli”, “il manifesto” del 16-4-94. “Martial Solal,
virtuoso di un piano molto forte”, “il manifesto” del 9-7-94.
1995. “Da Billie Holiday ai Sex Pistols variazioni
sul pop”, “il manifesto” del 16-3-95. “Un Satie
raro, anzi rarissimo”, “il manifesto” del 27-7-95. “Il
canto obliquo di De Vito”, “il manifesto” del 29-9-95.
“Impatto sull’Africa”, “il manifesto” del 24-12-95.
1996. “Quelle fughe ai confini del melting
pot”, “il manifesto” del 14-1-96. “Musica per dio”, speciale di cinque
pagine per “il manifesto” dell’ 11-2-96. “Giovani
interpreti in scena con lo sconto”, “La Città” del 1-3-96.
“Variazioni di viola solista sullo ‘Sguardo di Ulisse’ “, “La Città” del 7-3-96. “Luciano
Cilio, partiture fuori circuito”, “La Città”
del 9-3-96. “Il percorso della resistenza”, “La Città” del 12-3-96.
“Madredeus, le muse di Wenders”,
“La Città” del 12-3-96. “Saudade
a Toledo”, “La Città” del 14-3-96. “Classico, nuovo e
raro”, “La Città” del 16-3-96. “Woody?
Meglio regista”, “La Città” del 19-3-96. “Tutti i colori sul corpo per indagare i margini dell’anima”, “La
Città” del 21-3-96. “Nuova normativa per la didattica musicale”, “La
Città” del 23-3-96. “Il jinglemaker, artista ipermediale”,
“il manifesto” del 24-3-96. “Vesuvio, una storia incandescente”, “La Città” del
26-3-96. “Onne e fronne: suoni dal Sud”, “La Città” del 2-4-96.
“Musica, le vere colpe di una distratta borghesia”, “La
Città” del 4-4-96. “Brahms, ma il pensiero
vola a Rubinstein”, “La Città” del 12-4-96.
“Foucault, l’archivio ritrovato”, paginone su “La
Città” del 16-4-96. “Una danza tra sacro e profano”,
“La Città” del 25-4-96. “Musica, ricerca a tutto
campo”, “La Città” del 26-4-96. “Burney e il suo viaggio degno di nota”, “La Città” del
27-4-96. “Compositori senza cittadinanza”, “La Città” del 28-4-96. “L’urlo degli ebrei nei treni di Steve Reich”, “La Città” del
4-5-96. “Il teatro che non c’è”, “La Città” dell’11-5-96.
“Mahler granitico con Abbado”,
“La Città” del 12-5-96. “L’uomo dalle mille braccia”,
“La Città” del 12-5-96. “J.L.
Nancy e l’eredità di Heidegger”,
“La Città” del 14-5-96. “Auditorium
come confronto”, “La Città” del 17-5-96. “Le officine della musica”, “La Città”
del 18-5-96. “Le memorie inconciliate, i destini incompiuti di Cilio,
Neiwiller, Ruccello”, “La
Città” del 21-5-96. “Senza Paese, fra rumba e jazz”, “La Città” del 21-5-96. “Via al Canta Vesuvio”, “La Città” del 21-5-96. “Fughe per sassofono: quattro passi
nell’avanguardia”, “La Città” del 2-6-96. “Un liceo
d’arte al Suor Orsola”, “La Città” del 4-6-96. “Musica
per un film
1998. “Un pianoforte per tutti. Napoli ricorda Vitale”, “il
manifesto” del 8-3-98. “All’ultimo piano”, ULTRASUONI,
“il manifesto” del 16-1-98. “Musica nuova in
parlamento” “il manifesto” del 27-6-98. “Fuori di
nota”, ULTRASUONI/ALIAS, “il manifesto” del 18-7-98.
“Ribelli a 68 giri”, ULTRASUONI/ALIAS, “il manifesto” del 31-10-98.
1999. “L’arte
a misura di bambini”, “il manifesto” del 18-3-99. “Border: promesse elettriche ma non per tutti”, in
ULTRASUONI/ALIAS, “il manifesto” del 22-5-99. “L’arte a misura dei bambini”, su “il manifesto”
del 18-3-99. “Border/
Promesse elettriche ma non per tutti” (rubrica) in Ultrasuoni/Alias del 22-5-99. “Border/ Luci e ombre
della questione neomelodica” (rubrica), in Ultrasuoni/Alias dell’11-9-99
2000. “Border/ Memorie inconciliate a Napoli” (rubrica), il
Ultrasuoni/Alias dell’ 8/1/2000
RECENSIONI PER RIVISTE SPECIALIZZATE (fino al 1999)
A. Recensioni discografiche per la rivista “CD Classica”
1994. Febbraio: Barber; Bernstein/ Hundley/
Bowles; Revueltas/ Orbon/ Ginastera; The american
Vocalist; Yo Yo Ma. Marzo: An american
christmas/ Christmas in early
1995. Gennaio: Copland; Harbison/Sessions;
L. Glass; Panufnik; Paternoster;
1996. Gennaio: Barber/ Butterworth/ Horder/
B. Recensioni discografiche per “Ultrasuoni”/il Manifesto
3 Settembre 1995: Stalteri. 19 Novembre 1995: Eno /
Wobble. 26 Novembre 1995: Cage
/ Bussotti. 10 Dicembre 1995: Renna. 7 Aprile 1996:
Longobardi. 14 Aprile 1996: Sepe.....etc.
Recenti:
5 Giugno 1999: AAVV (Nyman, Adams,
Glass, Bryars, etc.) Musica
Coelestis / Sentieri selvaggi. 12 giugno 1999: Bryars/Harmonia ensemble.
ALTRE
ATTIVITà (fino al 1999)
-3/4/5
Giugno 1988, commissario alla Rassegna Nazionale di Pianoforte “ VIII Targa
d’oro Kolbe”.
-1/2/3/4 Giugno 1989,
commissario alla Rassegna Nazionale di Pianoforte “IX Targa d’oro Kolbe”.
- Guide all’ascolto per
-1991. Direzione artistica della rassegna “Fuoriprogramma” per
l’Associazione “Il Tempietto”-Roma.
-Giornalista
pubblicista iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti dal 15 Maggio 1992
(tessera n. 68115).
-Luglio
1992.
Direzione della collana di spartiti di musica contemporanea “Nugae”, Flavio Pagano Editore.
-20-26 settembre 1993. Conferenze-dibattiti per il “X Festival di Musica
contemporanea, ‘900 Musicale Europeo” del Centro di
Cultura Musicale di Ischia con Enrico Fubini, Paolo Gallarati, Hansjorg Pauli, Jean Roy ed Estevan
Lines.
-1993. Direzione artistica della rassegna “Progetto Cometa” per
l’Associazione “Il Tempietto”-Roma.
- Fino al ‘93. Direzione artistica delle iniziative musicali della Mostra meridionale
del libro “Galassia Gutenberg.
-1994. Direzione della rivista specializzata “Konsequenz,
rivista di musiche contemporanee” (Edizioni Scientifiche Italiane).
-1994. Presidenza
campana dell’
Associazione musicale nazionale “Ferenc Liszt”.
-1996. Prima firma
musicale per il quotidiano di Napoli “La Città”.
-1988 / 1997. Consulente
musicale delle Edizioni Scientifiche Italiane.
-Presidenza del “Centro
Studi per le culture contemporanee”.
-Critico musicale per il
“Roma”, fino alla cessazione delle pubblicazioni.
-1997. Curatore della rassegna “Musica Mille Mondi” per il teatro Galleria
Toledo di Napoli.
-1998. Curatore della rassegna “Musica Mille Mondi” per il teatro Galleria
Toledo di Napoli.
-Curatore dell’ “Incontro con l’autore” per
-1999. Curatore della rassegna “Eclettica 99 - Musica Mille Mondi” per il
teatro Galleria Toledo di Napoli.
-1999. Critico musicale
per “il manifesto”. Titolare, per lo stesso quotidiano, della
rubrica periodica ‘Konfusi’, poi della rubrica ‘Border’.
RECENSIONI
O MENZIONI DELL’OPERA MUSICALE E SAGGISTICA
da parte della critica su stampa periodica
o in volume (fino al 1999)
IN VOLUME
A.A.V.V., “Autoanalisi dei
compositori italiani contemporanei”, a cura di Renzo Cresti,
Napoli, Flavio Pagano Editore 1992, p. XXVIII; pp. 200-201.
A.A.V.V., “Le lingue di Napoli”,
Napoli, Cronopio 1994, p. 185.
L.
BRAMANI / A. CORGHI, “Composizione musicale”, Enciclopedia d’Orientamento, Jaca Book, pp. 40 ss.
SUI PERIODICI
11 Agosto 1982, “Napoli
sarà la capitale della musica classica”, su “Napoli Oggi”. *18 Marzo 1982, “Un
napoletano a Camerino”, su “Napoli Oggi”. 8 Gennaio 1984, Giuseppe Piscopo sul “Mattino”. 12 Gennaio 1984, “Da Chopin a Prokofiev”, su “Napolinotte”. 7 Gennaio 1984, “Neoromantico (classico) per
piano”, su “Napolinotte”. 16
Febbraio 1984, “Il concerto nella Basilica Madonna dell’Arco”, su “Napoli Oggi”.
22 Marzo 1984, “Il suono e le parole alla Dehoniana”
su “Napolinotte”. 24 Marzo 1984, “Alla Dehoniana
“Il suono e la parola”, su “Napolinotte”. 5 Aprile
1984, “Omaggio a Salvatore di Giacomo”, su “Napolinotte”. Settembre 1984, L’informatore librario,
menzione del volume “Le
Chimere d’Aleph”. *Dicembre 1988, Umberto Padroni sul mensile PIANO-TIME, recensione del volume “Le Parole
Sospese”. 18 Maggio 1989, su “Messaggio d’Oggi”. 28 Maggio 1989, sull’ “Avvenire”. 23
Giugno 1989, sul “Mattino”. 18 Luglio 1989, sul “Mattino”. 25 Gennaio 1990, “De
Simone e D’Arienzo chiudono la rassegna”, su” Napoli Oggi”. 13 Febbraio 1990,
“Napoli, città del libro”, sul “Mattino”. *1 Marzo 1990, “
ALCUNI
INEDITI SIGNIFICATIVI
NOTA DI ESTETICA
Ecco una selezione di
testi pubblicati negli ultimi anni: essi individuano il percorso teorico, il
retroterra estetico che mi ha condotto ad essere tra i primi teorici della
cosiddetta ‘musica di frontiera’, o Border Music (termine che ho coniato ad hoc). Non si tratta di un nuovo filone
musicale, ma di un nome per musica che esiste da qualche anno, e che trova nella
produzione di compositori come Pärt, Preisner, Gòrecki, Bryars,
le sue punte eccelse. Qualcosa di simile, però, aveva già realizzato a Napoli
il compositore Luciano Cilio, scomparso tragicamente,
suicida, nel
*******
Deve essere possibile
un’osservazione dell’opera senza aver precostituito alcuna categoria:
l’appartenenza ad una industria culturale, la sua strategicità nell’ambito del gioco potere/sapere, la vendibilità, seguono ad una
qualificazione derivante unicamente dalla capacità del rinvio ad altro. Ovvero la qualità
dell’opera risiede nella sua eteroreferenzialità.
Per questo le opere
‘commerciali’ (per accessibilità, ripetitività, fruibilità, modularità...),
costruite ad hoc dall’industria culturale, non vanno
sottovalutate.
Opere differenti con
agganci multipli ed incrociati riescono già per ragioni costitutive a
connettersi con facilità
ai molteplici piani del quotidiano, riuscendo a comunicare stati d’animo
differenti per ciascuna necessità ed occasione.
Un enorme terreno
condiviso non riesce più a discriminare le terre di ciascuno. Ogni luogo
allarga i propri confini e li sovrappone a quelli circostanti. Le incursioni pirata negli standards predisposti
dall’ ‘autore’ saranno la ricchezza e la bellezza di un prodotto ipermediale.
La nostra percezione è
cambiata: la velocità degli spot ha modificato la
sensibilità e
Sorgono nuove estetiche
che rivoluzionano da cima a fondo le nostre abitudini di compositori. Sarebbe
il caso di cogliere il senso (vettore) forte di queste stratigrafie, di
lanciare le nostre opere in questa straordinaria avventura. Si tratta solo di
rimuovere nomi, lasciar circolare virus, rinunciare a territori d’appartenenza.
L’opera d’arte
extracolta, fabbricata col sordo lavorio autoaffermativo
nei ricchi casali di campagna dai compositori di grido, perpetua davvero
l’icona della falsità adorniana; essa sbugiarda la
cultura perché non sente le emergenze che le sono intorno; si trincera nella
sua incapacità di ‘andare oltre’, ‘andare
verso’, con la complicità della pubblicistica
specializzata.
La differenza tra
sperimentalismo e sperimentazione è segnata dalla
nascita della nozione di interferenza. Interferenza tra ruoli (compositore da un
lato e interprete dall’altro) spettacoli (concerto-rituale/ concerto
invenzione) supporti (compact disc come semplici
raccoglitori o come oggetti d’arte con piena dignità ed autonomia). Tale
interferenza è figlia della modernità. Ma consente alla musica di superare la modernità
, permutando le forme e triturandole in un caleidoscopio di generi. Alla
fine, più della forma, prevale il rinvio
all’altro.
RISPOSTE
* Sono nato a Napoli nel
1964, ma vivo e lavoro alle pendici del Monte Somma,
alle spalle del Vesuvio. Le mie origini meridionali le vivo
in modo non conciliato, benche’ sia fiero
d’appartenere ad una cultura meticcia. Qui ho cominciato a studiare pianoforte
e composizione, incontrando Eugenio Fels e Luciano Cilio, gli unici due nomi che mi sento di fare ancor oggi
senza tradire le cose in cui credo. Parallelamente agli studi musicali ho
compiuto quelli giuridico-filosofici, laureandomi con
una tesi su Adorno, ed insegnando per cinque anni in qualità
di cultore di materie filosofiche, all’
* E’ difficile indicare
soltanto ‘alcuni’ modelli musicali, specialmente per chi fa della
contaminazione fra generi una insegna ed una
professione estetica. Posso citare, però, tra gli stranieri, Pärt, Preisner, Gòrecki,
Bryars, tra quelli di estrazione colta,
ed Harold Budd, Brian Eno, il sassofonista Jan Garbarek fra quelli ‘ibridi’. Tra gli italiani citerei
soltanto Luciano Cilio, un importante
ma poco conosciuto compositore itaiano che fu
attivo a metà degli anni Settanta, e che riuscì a pubblicare un solo aureo
album, i Dialoghi del presente per la
EMI italiana. Altri compositori italiani, che pur non essendo
miei ‘modelli’ possono considerarsi come dei ‘precursori’ della mia attuale
‘maniera’ sono Castaldi, Cardini. Miei parenti lontani dal punto di
vista musicale sono Ludovico Einaudi (che considero
troppo ‘leggero’ in alcuni lavori pianistici ma splendido in quelli orchestrali
e nei brani che ha scritto per Cecilia Chailly) ed
Arturo Stalteri.
Dal passato immediato subisco solo la fascinazione di Giacinto
Scelsi.
* La definizione “musica
di frontiera” non l’ho inventata io. Si riferisce a musica connessa
strettamente alla world o alla Global
music. Utilizza stilemi appartenenti a diversi generi musicali o/e a diverse zone geografiche. Potrà usare dei clusters pianistici o la tecnica del respiro circolare e
poi mescolarla ad una progressione modale jazz. Può utilizzare le voci del
popolo dei Tuva ed un formicolante quartetto d’archi
come live elettronics (lo ha
fatto il Kronos Quartet).
La musica di frontiera è tale anche perché si lascia alle spalle molti
presupposti ‘accademici’, infrangendo i ruoli tra esecutore e compositore (lo
fanno il Balanescu quartet
e molte altre formazioni), dando spazio all’improvvisazione e pari dignità estetica
alla produzione musicale di musicisti provenienti da settori non convenzionali
(dal rock, ad esempio, come Frank Zappa; o dal jazz, come John Zorn).
* Non credo sia
possibile parlare di ‘bellezza’ dell’opera d’arte se non immaginando di apporre
delle virgolette. In alcuni miei studi, in particolare, mi sono occupato del
problema, arrivando alla conclusione che è oggi ancora possibile parlare di
bellezza dell’opera d’arte, se questa bellezza viene
intesa come ‘eteroriferimento dell’opera’, vale a dire
come capacità dell’opera di rimandare ad altro da sé, a qualcosa che le è
esterno, prossimo. Così l’opera extracolta può guardare verso l’oriente, l’est,
il meridiano. Può diventare klezmer, gitana, insomma
meticcia, e consegnare un linguaggio capace di parlare ad ogni cultura.
Inoltre, soltanto nel suo farsi altro l’opera può riuscire accattivante e
sopportare l’estensione temporale, cioè la
durata, che ancora
* Essendo una figura che
si pone a metà strada tra esecutore e compositore ho
naturalmente dedicato parte della mia produzione allo strumento che suono, il
pianoforte. Lavori salienti sono sen’altro le mie
Variazioni sul vento (1983),
* Più che di un ‘libello’, si tratta di un pamphlet, vale a dire di un
libricino polemico uscito in piena tangentopoli (nel 1993), e recensito da
tutti i quotidiani e dalle principali riviste specializzate. E’
stato il primo atto di denuncia proveniente dall’ambiente musicale, e di questo
vado molto fiero. Inoltre vi si stigmatizza
l’agire ‘colto’ e ‘accademico’ dei pianisti convenzionali, dimostrando con
documenti alla mano oppure con semplici argomentazioni logiche, che spesso le
modalità esecutive accettate per comodità e convenzione sono in fondo le più
lontane dalla verità storica. Molta filologia viene a cadere, se si legge il
libro, che è uno dei miei scritti teorici più conosciuti (G.D.S.).
BREVE RIFLESSIONE SUL
PIANISMO
1. Una premessa indispensabile:
quando ho conosciuto Gordon Murray mi sono avvicinato alla brillante musica
clavicembalistica: il clavicambalo pizzica le corde,
e non è necessario ‘tenerle’ a lungo, perché la cosa è perfettamente inutile
dal punto di vista dell’effetto finale. Sapevo già che Bach
amava comporre non sul cembalo, ma sul clavicordo. La differenza tra i due
strumenti consiste nel fatto che su quest’ultimo i
suoni possono essere legati e anche vibrati
(Bebung).
Da quest’approccio
deducevo due cose fondamentali: in primo luogo, alla tastiera Bach era un ‘armonista’: le sue
composizioni più difficili prevedono rapidi spostamenti sulla tastiera, ma
questi spostamenti sono sempre realizzabili all’interno di una ‘posizione’ (più
o meno larga) della mano. Allora ho tratto dal suo Clavicembalo ben temperato una serie di piccoli esercizi che ne
rappresentano la chiave tecnica: in essi ha molta
importanza lo spostamento laterale del pollice. In secondo luogo, la
possibilità di ‘tenere’ i suoni e di ‘vibrarli’ doveva consentire (anche più di
quanto sia oggi possibile sul moderno pianoforte) all’esecuzione agogiche molto spinte, perché la
natura stessa di quei suoni poteva simulare più facilmente l’emissione di suono
tipica della voce umana.
Al contrario, il
clavicembalo forgiava dei ‘melodisti’: prediligendo la brillantezza esecutiva,
e la velocità, hanno un migliore ‘gioco di dita’, ma
un pessimo legato e agogiche più appiattite.
2. Lavorando sul legato,
ma utilizzando pianoforti moderni, utilizzo una
specifica tecnica, quella della microarticolazione, che consiste nel lavorare
quasi all’interno dei tasti. Utilizzando gli esercizi tratti da Bach le dita si caricano come molle, e quella che era la
principale obiezione a questo tipo di tecnica (lo scarso volume di suono)
sembra superabile. In più ho individuato un ‘limite’
delle tastiere moderne: esse non consentono eccessiva rapidità esecutiva se si
usa la microarticolazione in velocità. La coda del martelletto viene ‘agganciata’ dal paramartello. Ho segnalato anni fa la
cosa a Fabbrini (al bravo Rocco), e alla Steinway. Ora è stata messa a punto
una particolare ‘molla’ che fa risalire il tasto più velocemente, e pare che la
cosa sia stata brevettata, e che presto verrà montata sui grancoda
da concerto. Nel frattempo io ne posseggo il
‘prototipo’ sul mio pianoforte domestico.
3. Veniamo a Napoli. Qui
si parlò sovente di ‘scuola napoletana’, riferendola
via via a Lanza (fece
scuola a Napoli dal 1827), a Thalberg (a Posillipo dal 1864), a Beniamino Cesi
(tra il 1870 e il 1885) o a Denza (in Conservatorio
dal 1928), e soltanto recentemente a Vincenzo Vitale (in conservatorio dal
1942). Studiosi come Piero Rattalino
(e molto prima di lui Pietro Boccaccini) ritennero
che il vero fondatore, per l’organicità del suo metodo, fosse stato Beniamino Cesi. E che da lui si dipanasse una
destra, una sinistra e un centro: a destra il suo allievo Longo,
a sinistra il buon Rossomandi e al centro Martucci. Infatti, Longo difese strenuamente le ragioni della ‘autentica’
scuola napoletana e combatté aspre battaglie contro le innovazioni di Brugnoli (allievo di Rossomandi).
Da Martucci venne quel grande
didatta che fu Bruno Mugellini, famoso per le
revisioni, guardacaso, di Bach.
E Vitale? lui fu allievo non
di Cesi, ma del figlio. E consigliava, ancora guardacaso, le revisioni di Brugnoli.
Beniamino Cesi ebbe tra i suoi allievi anche
Antonietta Webb-James, che lasciò al suo allievo
Eugenio Fels diversi manoscritti. Da essi si evince l’importanza che Cesi
(padre) dava al legato, al tocco, alle agogiche. Fels ha ‘trasmesso’ a me queste acquisizioni, alle quali ho
aggiunto la curiosità e la ricerca del nuovo.
4. Il cerchio dovrebbe
quadrarsi: Vitale ‘fece sue’ importanti acquisizioni
tecniche, perfezionandole e forgiando grandi pianisti-virtuosi. Da Cesi vennero invece pianisti-compositori. Entrambe le
categorie (melodisti e armonisti?) possono giocarsi a dadi il futuro del
pianoforte (G.D.S.).