Audiotesti

 

I testi sono stati trattati in studio di registrazione affinché preservassero una valenza estetica capace di andare oltre il dettato letterale della parola. La voce è stata deliberatamente alterata, spesso fortemente deformata. In taluni casi si è ‘retrodatato’ la registrazione simulando il suono di una puntina che graffia vecchi dischi. Alcuni ‘effetti speciali’ possibili soltanto con i migliori ritrovati tecnologici creano una ‘dissincronia’ tra la retrodatazione apparente (il vecchio disco) e l’attualità della tecnologia utilizzata (fino a pochi mesi fa, i software utilizzati non esistevano). Il supporto utilizzato per la riproduzione è digitale: si tratta di un vero e proprio master stampato su Compact Disc registrabile. Tutti i testi (e la voce) sono di Girolamo De Simone. Essi non possono essere considerati, quanto al contenuto, esaustivi, né pretendono di comunicare verità già date, ma andrebbero in ogni caso confrontati con il lavoro teorico svolto (e pubblicato) in passato dal loro autore.  

 

“Proprietà”

E’ importante dedurre il motivo per il quale non deve esserci proprietà come ‘estensione del proprio’ (ildovere’ è almeno l’attenuazione della pratica individuale della proprietà privata).

Quando il soggetto rompe il confine del proprio oltrepassa la frontiera due volte. La prima per raggiungere l’altro. E la seconda per tornare a sé ad un livello di maggiore profondità o astrazione.

Il movimento aggiunge strati di ‘arricchimento’ comunitario ad ogni passaggio, e in fin dei conti rende più astratto o ‘smaterializzato’ il soggetto. Detto con semplicità, sembra ‘togliere’ qualcosa all’individuo per contribuire alla formazione di un soggetto poroso aperto plurimo.

Ma nel complesso nulla lascia pensare alla possibilità di una astrazione totale, e tale da impedire al soggetto di riconoscere l’altro (cosa o persona). Questo movimento sarebbe tautologico. (Napoli, Giugno 97)

 

“Pulsazione”

Colgo in “GDSN” di Chiari una pulsazione tenue, all’inizio appena abbozzata; prendo il pedale di sinistra, per un suono leggermente deformato (i martelletti sono stati spostati: lì sono molto consumati);

in (4)folio aggiungo un pedale lungo, la pulsazione è manifesta; sorprendente dichiarazione di SENSO dopo l’apparenza dell’alea.

In (5)folio mi concentro su due o tre suoni: un do certo e un sol. Vengono fuori come da altra tastiera, altro pianista.

Mi occorre una sola mano: mi impiccia l’altra: frasi omogenee, continuità del discorso. In 6(folio) due righi vuoti: aspetto. In 9(folio) quattro suoni, dilatati.

Nuovo incipit, improvviso troncamento. (Napoli, 7 aprile 98)

 

“Wagner?”

Dicono che dopo Wagner la musica sia finita.

(Risate...)

(Napoli aprile 98)

 

Global

La world music è legata al folclore e alle origini, alla "nobiltà ed antichità" dei generi tradizionali; ma guarda pure ad interpreti che se hanno coscienza delle continue permutazioni del passato, dei prestiti dagli stili antichi, si lanciano poi senza indugi nella sperimentazione di forme che si sono evolute da quei suoni tradizionali.

Tra questi ultimi, i "progressisti" cercano un territorio comune ai diversi linguaggi, intuiscono gli stilemi condivisibili, vanno infine verso una sorta di “villaggio globale”.

Nei tre casi siamo in presenza di ‘varianti’ della world music: ETNICA se prevalgono le spinte interne; CONTAMINATA se si accoglie il segno straniero; GLOBALE se quanto è ‘in comune’ viene individuato, compresso, presentato in forma esplosiva. (Napoli, Giugno 95 - Napoli, Aprile 98)

 

“Merce”

Non si è accettato che l’opera d’arte potesse avere un valore di scambio, un’utilità sociale al pari di tutte le altre merci.

Perché altrimenti le opere d’arte e d’ingegno sarebbero così difficilmente tutelabili? e perché l’attività musicale o artistica non viene chiamata ‘lavoro’?

Nessuno si chiederà mai se il prosciutto che ha comprato sia meno prosciutto per il fatto che viene commercializzato.

Molti hanno invece pensato che la vera arte non potesse o non dovesse trovarsi in vendita negli ipermercati. Che solo il suo surrogato popular, privo di valore estetico, potesse reperirsi sugli scaffali come il ketchap o la mozzarella.

Sono invece molte le merci possibili: nozione ‘ampliata’, e NON contraddittoria. (Napoli, Giugno 96 - Napoli, Aprile 98)