Romaniello
e Somma Vesuviana
Vincenzo Romaniello (nato a Napoli il
27 ottobre del 1858 e scomparso il 13 aprile del 1932) viene considerato come
uno dei musicisti “minori” tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
Egli fu tuttavia tra quei grandi Maestri capaci di dare un contributo
fondamentale all’affermazione della scuola pianistica napoletana. Ancora oggi
gli studenti del Conservatorio usano le sue revisioni pianistiche, segnatamente
quelle delle composizioni di Mendelssohn.
Romaniello, che dal 1886 al 1914
insegnò anche al “Reale Educandato Maria Pia”, viene ricordato con bella
opportunità da Roberto De Simone in un recente ed interessante libro di Alessandro
Masulli (Note Vesuviane, Edizioni
Summana, Somma Vesuviana 2006). Inizialmente la figura di Romaniello mi ha solo
incuriosito, ed ho cominciato a fare delle ricerche. In Conservatorio, ai
computer dell’archivio della biblioteca, risultano una miriade di revisioni
pianistiche, ma appaiono disponibili soltanto uno o due brani originali. Le
opere del fratello Luigi, allievo di Beniamino Cesi, sono più facilmente
reperibili. Ma mi interessava la vicenda ‘vesuviana’ di Vincenzo...
Allora sono andato a consultare
l’archivio cartaceo del piano inferiore del Consservatorio di Napoli e,
meraviglia, è venuto fuori un numero corrispondente ad un faldone. La
Biblioteca, oggi miracolosamente funzionante grazie agli sforzi di tanti, ma
anche per l’impulso decisivo di Roberto De Simone, ospita molti manoscritti
importanti. Quelli dei minori, non ancora inclusi nell’archivio elettronico,
sono rimasti collocati in una delle ali del chiostro, i cui archi sono stati
chiusi da imponenti vetrate.
Lì ho potuto prendere con le mie mani
il faldone invecchiato dal tempo e parzialmente compromesso dall’umidità e
riscoprire con emozione le composizioni di Romaniello.
Ho fatto delle copie, ed ecco, già nel
primo pomeriggio le musiche rivivevano sul mio pianoforte.
Vincenzo Romaniello si sposò con
Enrichetta Papa, figlia del ricco cavaliere Pietro Papa, il quale aveva una
proprietà all’interno del borgo murato, vicino alla Collegiata. Qui ebbero una
figlia, la bella Elena, che morì prematuramente subito dopo il suo matrimonio
con il conte Giovanni Piromallo, originario di Massa di Somma. Dopo la morte
della figlia, Romaniello ed Enrichetta vollero stabilirsi per sempre a Somma.
Quattro anni dopo, il musicista perdeva anche la moglie (1929).
Proprio in quell’anno, però, il
compositore riceve la nomina quale Professore Emerito al Conservatorio di
Napoli. Tra i suoi allievi figura un giovanissimo Renato Carosone: Romaniello
aveva elaborato un imponente Metodo
pianistico in dodici fascicoli, metodo che ho potuto ritrovare e
sperimentare, e nel quale ampio spazio era offerto alle tecniche dello staccato
di polso e del ‘tenuto’ e ‘articolato’, utile a produrre temi cantabili sulla
tastiera di un pianoforte, simulando il canto con l’uso del ‘legato’ e di uno
speciale tocco pianistico. Si trattava certamente del metodo usato anche dal
piccolo Renato.
Così, quando nel mio studio ho registrato
questi brani, traendone spunto per la colonna sonora del film che accompagna
questo volume, un pezzo della storia del pianoforte si è intrecciato con la
storia di Somma Vesuviana e con quella della musica di successo della canzone
napoletana.
La vicenda, a tratti triste e
drammatica di questo compositore della fine dell’Ottocento, si è mescolata con
la bellezza delle sue musiche, ispiratrici dell’estro del geniale Renato Carosone.
Nell’ottica della ricoperta delle
memorie inconciliate, che mi ha portato nel tempo ad interessarmi di Luciano
Cilio, Pietro Grossi, Giuseppe Chiari, e di altri grandi musicisti “rimossi” o
dimenticati dalla storia, ho amato, riscritto, reinterpretato e infine
ricomposto (metacomposto) a modo mio anche le musiche dolenti o bizzarre di
Vincenzo Romaniello, facendole risuonare nuovamente nelle valli e sulle pendici
del Somma, là dove esse erano nate, traendone spunto per comporre la musica
digitale che accompagna il paesaggio video digitale di un evocativo Paese
contemporaneo.
Le immagini e le musiche ci mostrano
così una sintesi che va al di là della nostra percezione diuturna, distorta
dalle molteplici problematiche di sopravvivenza spicciola, e divagante per
necessità sulle risposte impellenti che temporaneamente risolvono il nostro
scontro con questa terra agrodolce, proiettandoci in un luogo della Memoria
situato al di là del tempo e dello spazio, e nel quale sarebbe entusiasmante
poterci ritrovare nel prossimo futuro.