Keith Tippett si china all’interno del pianoforte, aziona un
sonaglio, un carillon, altri strumentini a percussione. Poi
posiziona un’asta metallica sulla cordiera. I microfoni sono
vicinissimi, captano ogni palpitio delle pietre sonanti, anche
quelli involontari creati dal vento. Alex Balanescu gli è al
fianco, e produce agili volatine con un suono ‘sporco’, quello
ascoltato in tanti pezzi di Michael Nyman, per esempio in
“Miserere Paraphrase”, in duo col minimalista inglese.
Naturalmente in Tippett c’è ben altro virtuosismo
sperimentalistico. Con lui Balanescu emerge solo in incisi tonali
e minimali, qualche volta con temi zingareschi; entrambi, se
tentano del lirismo, ne escono provati. Che pianismo nei pattern
bitonali, avventurosi, lanciati su ampie porzioni della tastiera!
Quando toccano le zone in cui ha predisposto una ‘preparazione’
del piano, accade che l’antica natura di strumento a percussione
viene alla luce in modo inaspettatamente felice: Tippett sceglie
materiali insoliti, ne vien fuori un suono che ha del tibetano.
Uno straniamento, bitonalità e percussioni ‘etniche’, che convince
e lancia lontano.
Ecco i Concerti d’ Improvvisazione di “Angeli Musicanti”,
comprensivi anche di una performance di Gianni Gebbia e Vincenzo
Vasi, tutta giocata tra respirazione circolare e pitch del
thérémin. “Angeli Musicanti” non è solo una rassegna di musica di
frontiera; è un progetto culturale di ampio respiro: musiche ed
esperienze contemporanee che cercano spazi inusuali, e francamente
sono finalmente capaci di riposizionarli nella geografia culturale
della città, talvolta riallineandoli ad una significativa ed
ineludibile traiettoria già scritta nelle pieghe dei luoghi,
spesso deviata impropriamente da chi quei monumenti ha prima
abbandonato, e poi impropriamente gestito. Il luogo-simbolo di
“Angeli Musicanti” è il Real Albergo dei Poveri di Napoli,
conosciuto anche come Palazzo Fuga. E’ lo stesso luogo in cui
Tahar Ben Jelloun ha ambientato un omonimo, visionario romanzo
edito da Einaudi. “L’uomo che cammina nel cielo è una rondine di
sogno, è un bambino dalle ali spiegate che ricorda la rondine
sognata dall’uomo”: è il meccanismo del doppio sogno, caro anche
ad Arthur Schnitzler. Nella fattispecie, c’è il sogno del un
ricovero-ghetto destinato da Carlo III di Borbone ad ospitare i
poveri del tempo. C’è poi il sogno di un “grande ed inquietante”
monumento abbandonato per anni, e diventato magico prima del
lunghissimo restauro che oggi lo rende un cantiere perpetuo. Paolo
Uva, ed altri attivisti di Musicamotus, ne usano il cortile
rendendolo progetto attraverso istallazioni, la partecipazione
dell’Accademia di Belle Arti, la presenza di forum tematici
(cancellazione del debito, musica oltre i linguaggi precostituiti,
condanna dei fronti di guerra), e di musicisti come Moni Ovadia,
Wim Mertens, Tuxedomoon, per “cantare contro” e costruire un
Osservatorio/Ascultatorio sulle arti del contemporaneo. (G.D.S.,
il manifesto) |