JOHN ZORN, “Aporias”
(Tzadik)
“Aporias”, è una
sorta di requiem per pianoforte ed orchestra: un lavoro compiuto, di
‘scrittura’ più che di prassi, affidato a strumentisti
esecutori e suddiviso in dieci tempi dai titoli ‘classicheggianti’, in
alcuni casi coincidenti con le indicazioni di andamento o di struttura:
Preludio, Impetuoso, religioso, postudio, coda... Il
pianista solista è Stephen Drury,
con l’American Composers Orchestra diretta da Dennis Russel Davies.
Questo requiem, atipico naturalmente per organico, non è dedicato ad un
musicista in particolare, ma al problema insolubile della morte. Si rammenta che
il termine ‘aporia’, usato dialetticamente da
Aristotele, ha poi assunto il significato di ‘problema insolubile’,
o, in senso ancora più forte, quello di ‘verità indimostrabile’.
Dal suo cantuccio Zorn ipotizza una risposta, e la
propone in una nota che accompagna il disco, ‘tradendo’
un sentire tardoromantico: il brano è dedicato a
tutti gli artisti ed al loro “indomabile spirito di creatività”, alla
“scintilla che rifiuta la morte”. E’ strano però che la musica non sia troppo
‘vitale’, e possa essere ricondotta a certe prassi compositive veterosperimentali. Al punto che Adorno, ai suoi tempi, l’avrebbe trovata perfettamente
inconciliata, e pertanto accettabile senza riserva
alcuna. In generale, Zorn sembra molto
convincente tutte le volte in cui utilizza il suo
stile poliparticellare, e molto meno quando si
sbilancia seguendo una discorsività ‘allungata’. SUONABILE
Il manifesto, 11 settembre
1999