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Renato Carosone, il cinebox e l’antenato del videoclip

Alias, inserto culturale del manifesto, n. 29, 21 luglio 2007

 

Non è questione di primati, ma parrebbe che il videoclip sia stato inventato proprio in Italia: fino al due agosto resterà aperta a San Leucio, nel casertano, la mostra “Canzoni con vista”, sugli antenati del videoclip, curata da quell’infaticabile ricercatore e scopritore del sommerso pop che è Michele Bovi.

Questi i numeri dell’esposizione: due apparecchi cinebox perfettamente funzionanti; due apparecchi Scopitone, l’emulo francese che si aggiudicherà poi il mercato americano, forse con la complicità della mafia italo-americana di Lucky Luciano e Vito Genovese; duecendo foto inedite e manifesti promozionali d’epoca; duecento foto di scena inedite; infine, la proiezione a ciclo continuo dei filmati del cinebox, che si possono godere in gran parte su schermo, in qualità dvd, ed in parte minore proprio sui video ancora funzionanti dei Cinebox. Sabato scorso, poi, un convegno, con i protagonisti di quell’avventura, Paolo Emilio Nistri, Vince Tempera, Peppino Gagliardi...  E’ una riscoperta che ha il sapore di una verità a lungo dimenticata, e che tuttavia viene alla luce in modo improvviso, suscitando passione e lasciando anche un po’ interdetti, come suggerisce Federico Vacalebre: perché avevamo rimosso questa avventura? Difatti entrando negli spazi del Belvedere Reale di San Leucio si prova una strana emozione; già nei giardini il tempo pare rallentare, smarrire il sua ancoraggio alla realtà esterna. Quando si accede ai piani superiori ove è allocata la mostra, poi, la sensazione pare enfatizzarsi. Si penetra all’interno di una sacca della Memoria in grado di parlarci di un periodo, quello che va dal 1958 al 1967, che potremmo definire come apice della grande scommessa italiana: primato (delle idee) o soggezione (politico-economica)? quale strada avremmo percorso?

I volti amati di quell’epoca si affacciano dai corridoi e dalle stanze di San Leucio: sono quelli di Renato Carosone, che fu tra i primi a realizzare filmati, da “Atene”, “O Mafiuso” e “Torero”, di Domenico Modugno, Wera Nepi, e di tanti altri che ci parlavano dal ciglio di quella svolta epocale: chi più in là, verso l’America, chi più in qua, a far da testimone alla stringa bel canto / canzone d’autore / canzone pop, escludente quella popolare e di lavoro, forse, ma pur sempre italianissima. Si coglie così il pregio di quest’operazione, confluita in un eccezionale documento-catalogo intitolato “Da Carosone a cosa nostra” (Coniglio Editore), sempre di Michele Bovi: restituzione di una memoria collettiva, riappropriazione di frammenti di identità ora imprescindibili per lo studio del costume di un’epoca. Incanto e disincanto ci vengono ad inondare attraverso la luce, tenue, degli schermi di queste macchine, che da lontano anticiparono i video dei Queen e le attuali clip Mp4. A far da spartiacque, da frontiera, ancora una volta, il ’68.  E il racconto si fa piega, tenta lateralizzazioni: si scopre a tentare il sogno europeo, con l’invenzione della bandiera e tutto il resto, un sogno forse anticipato dallo stesso dottor Nistri del Cinebox...

Girolamo De Simone (girdesi@tin.it)