Cage e Bussotti
nessuna partitura (versione integrale)
Alla Galleria Toledo è ripartita Dissonanzen, la rassegna dedicata ad alcuni aspetti
della storia dello sperimentalismo musicale. Sulla scena Sylvano
Bussotti e Giancarlo Cardini, a confronto con
materiali di Cage per un omaggio non convenzionale , dal momento che fa seguito alla proiezione dei rari
filmati di Peter Greenaway.
In programma il Concert for piano and orchestra , per
sette archi, tre legni e tre ottoni, contro gli otto strumentisti impiegati
nell'esecuzione della Galleria Toledo; ma Cage prevede
l'imprevisto, perché il brano può essere adattato per qualsiasi
durata in funzione del tempo e degli orchestrali disponibili, e addirittura
essere 'miscelato' con una piece di musica elettronica o con tre arie
vocali. Il Concert ha la strana
particolarità di non possedere una partitura per i vari strumenti, e
paradossalmente di consegnare una "parte" anche al
direttore-cronometro, che partecipa alla visualizzazione temporale attraverso
la scansione dei minuti (Cage: "...così
oggi i compositori sperimentali compongono parti, ma non partiture, e queste
parti possono combinarsi insieme in qualsiasi modo imprevisto"), e solleva
un problema, alluso parzialmente
in Silence : come e quanto consentire alla
libertà degli esecutori?
Cage non trova "professionale" che
ciascun membro dell'orchestra, in sede di prove, mescoli all'esecuzione suoni
che non si trovano allocati nella partitura originale; così suggerisce di
provare ogni singola parte separatamente, etichettando comunque il risultato
finale come "non professionistico". "Devo trovare il modo per far
sì che la gente sia libera senza che impazzisca, così che la
libertà la nobiliti", ecco il problema, che segna i confini dell'alea cageana e di cui anche
Franco Evangelisti sembrò
consapevole; la musica aleatoria non è di certo casuale,
né gli interpreti appaiono sufficientemente preparati ad affrontarla. Kolisch, Tudor, Paris assegnarono
all'opera un respiro ch'è già composizione, evento creativo a
sé stante, e raggiunsero il limite sottile esistente tra alea e caso
vero e proprio. In un brano come il
Concert non basta riunire ciò ch'è sembrato funzionare separatamente per replicare
un senso meramente filologico, ma occorre affiatarsi sulla musica per
trasformarla in qualcosa di simile ad un'improvvisazione su schemi, ciò
che appunto faceva il gruppo
di Nuova Consonanza .
Soltanto una simile visione espressiva e carismatica può simulare
l'evento casuale vero e proprio, la produzione di un suono "zen". Chi conobbe Cage,
o assistette alle sue performances, può
immaginare la differenza che corre tra l'adepto che avendo ritrovato il bue
l'ha subito dimenticato e quello che invece lo
esibisce alla prima occasione. Così, fatta salva la buona pace e
l'unicità assoluta di Giancarlo Cardini, sempre sé
stesso anche al cospetto di un mostro sacro, e l'istinto musicale di Aldo Perris e Raffaele Di Donna, non è parso che lo
spessore emotivo del gruppo sia
stato sufficiente. Non quanto insegna il Cage di Cheap Imitation , o quello
dell'ultima visione, quasi scelsiana, del Fifty-Eight. Anche la lunga scansione di
"45' " per
Conferenziere, pronunziata da Bussotti, è
sembrata deludente: troppo recitata per essere parola sul niente, e troppo poco
caratterizzata per tener desta così a lungo l'attenzione della gente.
Il
manifesto, 26 gennaio 1994