Le musiche globali viaggiano in treno

Un bellissimo concerto, solo in parte snobbato dal pubblico, quello di "Steve Reich and Musician" per la Scarlatti. Una vera retrospettiva sul lavoro del newyorchese, che non ama troppo definirsi 'minimalista'. E tuttavia di minimalismo bisogna pur parlare, anche se qualche volta si  attribuisce erroneamente il termine alla semplificazione del linguaggio reiterato. Di cosa si tratta? E' qualcosa di analogo all'esperimento che prima o poi tutti abbiamo fatto da bambini: provare a ripetere a lungo la stessa parola, incessantemente, circolarmente, fino a quando il 'senso' di quella parola non appaia fortemente sconnesso, quasi incomprensibile. Fino a quando, anche a causa dello scioglilingua, quella parola non perda il suo significato convenzionale acquistandone inaspettatamente un altro, con esiti sorprendenti.

Steve Reich, assieme a Philip Glass e Terry Riley, ha fatto di questa tecnica un metodo compositivo  capace di ribaltare il 'programma' e le previsioni della seconda scuola di Vienna. Il minimalismo ha storicamente dimostrato che si poteva fare musica in altro modo, e che la dignità estetica di questo nuovo modo di concepire la composizione poteva riguardare  il percorso di senso di ciò che si scrive, non soltanto l'assetto armonico o numerico del brano.

Al concerto all'Augusteo, i dodici musicisti hanno esordito con uno dei primi lavori, Drumming, scritto nel 1971 per tamburi bongo, marimbe, glockenspiel voci e flauti, esistente in due versioni. In entrambe, da solo,  potrebbe impegnare una intera serata. Al concerto  ne è stata eseguita  la prima parte, quella in cui le sole percussioni giocano con ritmi e suggestioni di matrice africana (e il riferimento non è soltanto ritmico, ma riguarda anche una intonazione particolare). Il secondo brano, più accessibile, Electric  Counterpoint, del 1987, inciso da Pat Metheny, consiste nel serrato dialogo tra un chitarrista che si presenta solo sul palco e ben dodici chitarre preregistrate. Peccato, nella seconda parte, per il cambiamento di programma, col semplice Music for Pieces of Woods che è andato a prendere il posto di Piano Phase.   In chiusura, il capolavoro Different Trains, col quartetto d'archi che riprende ritmi da voci preregistrate, interpretato magistralmente su disco anche dal Kronos Quartet. Racconta, in tre tempi (America, Europa,  "prima, durante" e "dopo la guerra"), il viaggio in treno degli ebrei deportati dai nazisti. Su questo brano, lungo ben ventisette minuti, la critica si divide, perché da alcuni viene considerato come una involuzione del linguaggio trasgressivo e fortemente lineare dei primi anni, da altri come una sorta di raffinata crescita espressiva e melodica. Qui i quattro strumentisti sono molto bravi nel  le naturali inflessioni ritmiche delle voci su nastro, e perfettamente in grado di simulare il dissonante fischio del treno, aperto all'incertezza come il grido desolato dei deportati.

Girolamo De Simone

Il manifesto, 9 giugno 1996