PICCOLA STORIA DEL PLAGIO
Girolamo De Simone
Premessa
Il fatto che la contaminazione sia sempre esistita non è una novità. E' scritto in molte storie della musica, ed è deducibile anche usando semplicemente la logica, in relazione alle modalità stesse della composizione musicale, la quale da un tema o una cellula sonora di qualsiasi tipo (tratta anche da altri autori) fa scaturire un intero brano. Da quando tuttavia l' "imbastardimento" della produzione musicale è diventato un fatto compiuto, e tutti i media parlano di contaminazione, si sono creati due partiti. Da un lato quelli che la propugnano ad ogni pie' sospinto anche quando non di 'contaminazione' si può parlare, ma di semplice accostamento confusionale di stili. L'altro partito è quello degli algidi difensori della purezza, che con varie argomentazioni denigrano il nuovo corso musicale (che a loro dispetto percorre trasversalmente tutti i generi). Per questi ultimi, la contaminazione è esistita da sempre, quindi non ci sarebbe da gridare al miracolo oggi; si tratterebbe di un fenomeno alla moda, da minimizzare, usato dall'industria culturale per meri fini commerciali e quindi da portare ad esaurimento dopo averlo spolpato per bene. Lo confondono con il lavoro di quei musicisti colti (come ad esempio Bartòk) che in passato hanno rivalutato le tradizioni folcloriche dei paesi loro. Non distinguono, quindi, tra popular e popolare, e sfiorano anzi il populismo.
Date queste premesse potrà allora risultare utile rintracciare il tema conduttore del plagio all'interno della storia della musica, dimostrando che, effettivamente, la deriva della contaminazione si è affacciata con forza nel corso dei secoli e nel lavoro di musicisti anche importanti. Ma ribadendo anche l'idea che oggi sta accadendo qualcosa di nuovo, profondamente diverso. Qualcosa che marcia al passo con la globalizzazione dell'economia, e che può essere usato bene o male, così come era già avvenuto quando ci si accorse della 'riproducibilità' tecnologica delle opere d'arte (Benjamin). Queste nuove modalità di produzione di opere possono essere rivolte al mero discorso economico (e quindi da stigmatizzare, come ci insegna Ignacio Ramonet) o tendere a qualcosa di più, al melting-pot, alla proliferazione di linguaggi capaci di arricchire tutti attraverso la differenza di ciascuno: l'altra faccia della musica globale.
Il plagio e le estetiche nuove che ne derivano non sono altro che uno strumento di contaminazione, uno strumento ricco di implicazioni giuridiche e filosofiche. Dal punto di vista giuridico, il plagio artistico consiste nella veicolazione gratuita di idee e atmosfere musicali: non si tratta della mera copia, naturalmente. La diffusione di uno 'stile', infatti, non ha nulla a che vedere con una copia, e pertanto evita di pagare qualsiasi pedaggio. Dal punto di vista filosofico, attraverso la gratuità dell'offerta, il plagio artistico consente di sfuggire alla logica dello scambio, con la prassi del dono unilaterale gratuito. Io do una cosa a te, e basta: tu nemmeno sai chi sia a dartela, si tratta di un contributo alla storia del progresso comunitario.
Questa visione, che a tutta prima appare utopistica, oggi viene praticata di fatto con maggiore facilità. Le idee circolano da sole, senza pregiudizio d'autore. Esse vengono sentite come proprie da ciascuno, ed anzi il fenomeno sembra semmai innescare un problema opposto, quello della conservazione della memoria storica. Ma questo è un altro problema.
Materiali
Medioevo
Già l'uso
di modi ispirati a quelli greci è in qualche modo da ritenersi una sorta di
grosso plagio. In realtà, mentre comunemente (ed erroneamente) si ritiene che
la civiltà musicale abbia seguito un percorso lineare, genericamente 'progressista',
e cioè di maggior complessità delle forme o di evoluzione gerarchica delle stesse
(cioè dall'elementare allo strutturato, dal facile al difficile, e così via),
proprio l'uso medioevale della modalità smentisce clamorosamente questo assunto.
Nella Grecia antica, infatti, i modi potevano assumere forme anche assai più
complesse: per esempio oltre ad essere diatonici (antenati delle nostre scale
moderne), potevano diventare cromatici e addirittura enarmonici, utilizzando
quindi rapporti tra suoni che noi occidentali abbiamo completamente dimenticato.
Prima dell'epurazione fatta da San Gregorio Magno, che 'ripulisce' i canti delle
antiche e suadenti effusività orientali, il canto liturgico medioevale conosceva
una estrema libertà geografica: da quello monodico basato su otto modi di derivazione
bizantina, a quello 'occidentale', che presentava differenti tipologie, tra
le quali anche quella mozarabica.
Rinascimento
Durante il Rinascimento, mentre
in Germania Lutero rinnovava le fonti dei canti liturgici ed in Francia Calvino
proibiva di usare la musica se non nelle sue espressioni più sobrie (vale a
dire con melodie cantate all'unisono), in Spagna accadeva qualcosa di molto
interessante. Si creava una sorta di melting-pot, di crogiuolo capace di raccogliere
elementi franco-fiamminghi ed italiani, e fin qui nulla di strano, perché i
fiamminghi avevano rivoluzionato le forme vocali (anche con ardite composizioni:
il Deo Gratias di Okeghem arriva fino a 36 voci!) e l'Italia aveva perfezionato
l'arte strumentale. Ma il bello era che in Spagna questi elementi si fondevano
con stilemi gotici, celti, baschi, arabi e berberi. Bernard Champigneulle, nella
sua piccola e provocatoria Storia della musica spiega la commistione con gli
arabi: istallati in Andalusia fino all'inizio del Rinascimento, essi avevano
segnato nel profondo la civiltà spagnola. La straordinaria presenza di elementi
tanto variegati fanno della cultura spagnola rinascimentale un meraviglioso
precedente di commistioni e... plagi d'inestimabile valore artistico.
Settecento
In Spagna pomposi oratori sostituiscono i villancicos d'ispirazione etnica locale.
In Germania, Inghilterra, Fiandre ci si ispira alla scuola di Versailles, ma
rifacendola alla maniera italiana: sono quelli che Couperin chiama i 'gusti
fusi'. Keiser ad Amburgo fa seguire in una stessa opera testi in francese, italiano
e tedesco, a seconda dell'atmosfera della musica o della forma prescelta.
Il
grande Georg Friederich Haendel compone ispirandosi alle forme napoletane, ma
ha la tecnica degli organisti tedeschi ed uno spirito tipicamente... inglese,
specie nei brani di circostanza che lo fanno affermare in Inghilterra. Haendel
dichiarava tranquillamente di prendere spunto da temi di Stradella e Keiser.
Ma gli addebitano prestiti da... ventinove compositori! Nel soloIsraele in Egitto
compaiono ben diciassette 'citazioni'.
Il grande codificatore delle prassi del
sistema temperato (che solo apparentemente è un passo avanti nella storia della
musica, contrariamente a quel che ritenne Schoenberg), Johann Sebastian Bach,
trascrive concerti barocchi di Marcello, Vivaldi, Johann Ernst, scrive corali
su temi luterani, riscrive se stesso adattando numerosi brani a differenti strumenti.
Ispirato dalla celebre Piango, gemo, sospiro e peno, di Vivaldi, Bach ne trae
un Andante per il Concerto in si minore BWV 979 (trascritto da autore 'sconosciuto'),
e vi si ispirerà nel fugato del Preludio Fantasia BWV 922, quello poi trascritto
dal pianista Egon Petri per la Busoni-Ausgabe. E così via: dai tre concerti
per organo da Vivaldi (BWV 593,594,596) alla fuga per organo tratta da Legrenzi
(BWV 574), Bach dimostra ben più che una passeggera infatuazione per la musica
veneziana. Quest'ultima viene fagocitata, trascritta, completamente cambiata,
oppure usata come modello sotterraneo. Certo è che il codificatore del sistema
musicale occidentale non si è sottratto al fascino del plagio artistico.
Il
grande Mozart, amato dagli dei e filmicamente odiato da Salieri per il suo genio,
si divertì a copiare temi di altri compositori. Nella Ouverture del Flauto magico
vi sono temi di Cimarosa e di Clementi, considerato il "padre della musica pianistica".
Mozart, come ricorda Luciano Chailly, "ebbe molte accuse di plagio per 'prestiti'
da Gluck, Haydn, Paisiello, J. Christian Bach, Sarti, ed altri". Giovanni Carlo
Ballola scrisse che "se Mozart fosse vissuto ai nostri tempi, avrebbe dovuto
passare molto tempo, per i suoi plagi, in un'aula di Pretura". Chailly riferisce
che Clementi, ristampando una Sonata, dovette segnalarvi in calce con comprensibile
stato d'animo il celebre "plagio di Mozart".
Ottocento
Beethoven, con piccole
permutazioni, mutua il tema della famosa Pastorale da opere di Mozart (Sonate
K 332 e 135; Fuga della Fantasia K 394). Ma la sintesi di quel tema, come segnala
Tito Aprea in un suo celebre libro sul plagio, compare addirittura in Bach,
nella Cantata "Dio tu guardi la Fede".
E così via: Wagner attinge da Schubert,
Mendelssohn, Beethoven, Brahms, e perfino da una messa gregoriana. Ma Brahms
a sua volta lo fa da Beethoven, Verdi, Dittersdorf. Liszt, avvertito dallo stesso
Wagner del prestito di un tema che compare nella Walkiria, gli risponde con
filosofia: "Hai fatto bene: così avrà almeno la possibilità di essere ascoltato
da qualcuno...".
Novecento
Puccini 'prende' da Rachmaninov (un tema di Turandot
del 1926, tratto dall'Elegia del 1892...), Rachmaninov da Chopin. Puccini a
sua volta, nella Tosca, si ispira al celebre Capriccio sulla partenza del fratello
dilettissimo di Bach ed alle Images di Debussy. Ma in cambio cede qualcosa dal
Tabarro alle Fontane di Roma di Ottorino Respighi. Cilea prende da Debussy,
e Debussy da Schumann, Prokofiev acquisisce un tema dal Trovatore di Verdi,
e così via, in un gioco intrecciato di citazioni espresse, occulte, inconsce
o consapevoli e colpevoli... fino a Berg, che nel Wozzeck non potendo plagiare
un tema perché usa il sistema dodecafonico copia... un ritmo: precisamente quello
della Pastorale di Beethoven.
Più ci avviciniamo alla contemporaneità, più gli
autori presentano elementi che confluiscono nella attuale modalità del plagio
artistico. Nel Novecento, quelli che maggiormente hanno contribuito a dar corso
a questa acquisizione sono stati Erik Satie, che prende in giro le Sonatine
di Clementi con piglio ironico e spregiudicata abilità permutatoria, ed Igor
Stravinskij, che fa della citazione la sua principale arma, a dispetto di Adorno
che lo considerò inautentico con scarna preveggenza.
Contemporaneità
Non si
può dar conto facilmente di quello che accade oggi, se non compilando un ponderoso
elenco telefonico. Molti autori usano la citazione volontaria, o portano agli
estremi l'espediente della trascrizione, reinventando o sporcando intenzionalmente
con interventi estranei i brani del passato. In mente vengono subito le operazioni
di Garbarek, le modalità compositive di Zorn, che accosta frammenti in un velocissimo
gioco di rinvio concettuale, le allusioni dei neoromantici, le rivisitazioni
dei brani di Hildegard Von Bingen. Contaminazione c'è in qualche modo in molta
della musica concreta recente, che utilizza frammenti spuri provenienti da ogni
dove (ad esempio lo fanno Andrea De Luca e Lorenzo Brusci, che sulla copertina
del loro CD "Shadows" scrivono: "Chiunque è libero di manipolare questo disco,
se potete ammettetelo"); nelle molteplici utilizzazioni di musiche colte da
parte di compositori jazz o anche semplicemente ad opera di jingle-makers (si
pensi a Rava che rifà Puccini), di musiche di provenienza leggera da parte di
interpreti classici, da Cardini che rilegge Bindi a Bayless che in "Bach meets
the Beatles" rifà celebri brani del gruppo anglossassone, o Peter Breiner che
ne riscrive le composizioni nello ..... stile del concerto grosso di Bach, Haendel
e Vivaldi! Un gran calderone citazionistico è quello del bravo Daniele Sepe
(che talora eccede in enfasi bandistica quanto eccelle in impegno politico),
e del gruppo Le Loup Garou, che fonde con grinta stilemi provenienti da disparati
angoli del globo. Infinita la world music che mescola, contamina, plagia. Molta
musica contemporanea 'di frontiera', o se si preferisce molta Border music apprende
le modalità compositive usate da generi differenti, se ne appropria in modo
più o meno personale, e ne fa qualcosa capace di ri/suonare in modo indeterminato,
nuovo, globale.
Alla contemporaneità appartengono le brevissime citazioni degli
spot, i rifacimenti, i plagi musicali della musica leggera, i brani sottratti
al diritto d'autore e modificati per essere immessi in rete (tagli nella frequenza
di campionamento, e tagli operati dall'algoritmo usato dal formato Mp3), ma
anche i brani liberi da copyright immessi sul mercato dalle ditte che vendono
software utilizzabili per creare pagine Web, etc. etc.
Idee
Plagio
Quando "una
persona si appropria degli elementi rappresentativi e creativi di un'opera per
introdurli in un'altra opera sotto il proprio nome, ci troviamo in presenza
di un 'plagio', cioè di una contraffazione qualificata e aggravata, ossia di
una riproduzione abusiva di un'opera altrui con appropriazione di paternità"
(L. n. 633 del 1941). Per legge, tuttavia, l'opera simile all'originale, per
essere realmente definita plagio, deve suscitare nell'ascoltatore le stesse
emozioni dell'originale. Ciò sembrerebbe lasciare uno spiraglio agli utilizzi
di tipo 'citazionistico', perché i frammenti usati, ad esempio, in un pezzo
di Zorn non hanno più nulla in comune con i brani iniziali.
Plagio e utilizzazioni
plurime
La Siae ritiene che le nuove tecnologie conducano a differenti tipi
di "utilizzazione" dell'opera, e che tali "utilizzazioni plurime" possano e
debbano essere egualmente tutelate, attraverso marcatori come Mmp, che consente
la marcatura in filigrana, il watermark, attraverso algoritmi di cifratura.
Numerosi gli altri standard Secure Digital Music Initiative. Le operazioni indicate
da Mario Fabiani come riconducibili ad una utilizzazione plurima di tipo diverso
da quello tradizionale sono l'Uploading (si immette l'opera in rete), il Browsing
utente (altri utenti accedono all'opera), il Client caching (consultazione dell'opera
in rete), registrazione dell'opera sul proprio computer, riproduzione dell'opera
(attraverso Mp3), trasmissione dell'opera ad un pubblico indeterminato. Dal
punto di vista giuridico non sembra tuttavia che la 'consultazione' di un'opera,
ad esempio, con qualità inferiore dovuta alla compressione o alla resa 'mono',
possa essere considerata una 'utilizzazione'. Altrimenti tutti i negozi di dischi,
quando fanno ascoltare una titletrack di un disco al compratore dovrebbero pagare
diritti di utilizzazione, o i giornalai che espongono le riviste alla consultazione
per una offerta di acquisto cliente dovrebbero pagare dei diritti per tale 'consultazione'!
Altro punto discusso della normativa è la possibilità concessa agli acquirenti
di CD di farsene almeno una copia per un uso differente, ad esempio per ascoltare
una compilation in auto, purché tale copia sia dotata di un codice particolare
che si chiama Serial Copy Management System.
Plagio artistico
Il plagio artistico
è ritenuto quasi inevitabile nella musica classica, che procede da un tema o
da una cellula allo sviluppo della forma musicale prescelta. Nella musica colta
è normale pensare di comporre un brano su tema altrui, oppure autocitare frammenti
della propria opera in altre composizioni, o trascrivere lo stesso pezzo per
uno strumento diverso dall'originario.
Plagio indiretto: trascrizione, parafrasi,
...
Si 'trascrive' da una composizione per orchestra o si creano 'parafrasi'
pianistiche dai brani d'opera, poi se ne fanno musiche differenti, vere e proprie
reinvenzioni. E' interessante, a questo proposito, segnalare che la Siae non
prevede e non tutela la figura della 'trascrizione' di opera da autore vivente
o scomparso da meno di settant'anni. Nella musica jazz l'autore viene quasi
a scomparire, tant'è che il brano viene spesso riferito all'esecutore. Nelle
esecuzioni in cui è prevista l'improvvisazione, come nelle performances di Giuseppe
Chiari, la figura dell'autore è di complessa individuazione. Nelle musiche di
libera utilizzazione collegate a software di sviluppo di pagine Web, l'autore
vende i brani una sola volta, e l'acquirente ne liberalizza l'uso in cambio
dell'acquisto del programma. Su Internet, in questa fase di sperimentazione,
sembrerebbero autorizzati i download di frammenti di bassa qualità audio.
Plagio
e riproducibilità
La possibilità di replicare "enne" volte un'opera musicale
attraverso dischi, video, e così via, la espone al rischio di manipolazione
delle masse da parte dell'industria culturale. Ma d'altro lato tale replicazione
può servire ad introdurre attraverso l'opera temi rivoluzionari nella politica
culturale. Quest'intuizione di Benjamin lo rende il più lucido dei francofortesi.
La tecnica della riproduzione, scrive Benjamin, "pone al posto di un evento
unico una serie quantitativa d'eventi". Al di là delle implicazioni storiche
ed estetiche, la novità della riproducibilità è che in ultima istanza non si
può più eludere il confronto col pubblico "degli acquirenti che costituiscono
il mercato". Ciò, indubbiamente, cambia il rapporto tra artisti, opere e massa.
Definite infatti certe costanti come di sicuro successo, la tentazione forte
è quella di cedere al fascino del già detto, dell'autocitazione, della fabbricazione
di canzoni, brani, video fatti ad hoc, cioè pensando alle esigenze dell'industria
culturale. Tecnicamente è piuttosto semplice ricreare le atmosfere o riutilizzare
certe suggestioni armoniche oppure 'arrangiamenti' simili per ottenere un effetto
di 'trascinamento' sulla scorta di un successo da hit. Tale prassi, però, espone
l'artista ad un logoramento ed uno svuotamento che alla lunga gli sono fatali.
La prassi della 'citazione' o del rifacimento (da un mambo, dalla colonna sonora
di un film di successo, etc) è tale che essa va raccolta per quello che è, senza
escludere a priori che una qualità estetica, un valore, possa comunque esservi
contenuta.
Popular, popolare, populista
Il termine 'popular' ha una vasta accezione.
La migliore definizione è quella data da Richard Middleton, e riassunta da Franco
Fabbri. Comprende la canzone, il pop, il rock, la musica da cinema, della televisione,
della pubblicità e "gli altri generi che insieme formano il campo musicale definito
'popular' dagli anglosassoni". Quindi, 'popular' è termine molto vicino all'ambito
che interessa la produzione contemporanea contaminata.
Il termine 'popolare'
va riferito in modo più circostanziato alla produzione legata al folclore locale,
all'etnico in senso stretto. Può usarsi 'popolare' anche nel caso di produzioni
provenienti da segmenti sociali identificati con la massa (!). Il passo tra
popolare e 'populista', in quest'ultimo caso, è quantomai breve: la musica da
discoteca, la leggera più commerciale, la neomelodica, non sono generi autenticamente
'popolari', perché discriminano in partenza i gusti della gente, dando per assodato
che la massa non possa interessarsi di musiche differenti da quelle a loro prossime.
In questa accezione, la musica extra-light non è nemmeno 'popular' (tranne che
in alcuni casi, in cui si effettua realmente una contaminazione), ma è certamente
'populistica'. Il Festival di Sanremo è spesso 'populista', tranne alcune eccezioni.
Gli Avion Travel non lo sono, ma poi chi vende tantissimo è il neomelodico di
turno, senza per ciò stesso poter essere portavoce della verità buona per la
massa.
Pregiudizio d'autore
Il plagio dispone a piacimento i confini di appartenenza:
distingue tra mio e tuo solo per abbattere questa frontiera, e stabilire un
terreno condiviso. Ogni luogo in comune allarga i propri confini originari,
perché sopravanza quelli contigui. Le incursioni pirata negli standards predisposti
dall' 'autore' sono già la ricchezza e la bellezza del prodotto ipermediale.
Queste 'varianti' dell'originale verranno anzi richieste, perché nella variazione
e nella velocità aforistica della successione di immagini diverse vi è una via
d'uscita dalla noia per il già ascoltato. Un'opera idra potrebbe crearsi utilizzando
la Rete, e abdicando alla propria paternità d'autore, come già si fa attraverso
esperimenti letterari. "La nostra percezione è cambiata: la velocità degli spot
ha modificato la sensibilità e la recettività. Ci annoiamo della lunghezza,
della pedanteria, non conserviamo memoria dei discorsi troppo lunghi, delle
architetture monumentali, delle forme ponderose ed affermative del vecchio modo
di 'comporre'. Una estetica del plagio ne presuppone una della scomposizione.
Frammenti, stille, particelle di suoni e immagini. L'arte del futuro funzionerà
per accensioni infinitesimali. Sarà simile alle reti neurali, e sarà probabilmente
intuitiva, connettiva, extralineare: capace di seguire la velocità di pensiero,
lo scatto d'intelligenza. Non saranno ammessi passi indietro.
Avrà significato
la nozione d'autore in scenari come quelli intravisti? Il patrimonio collettivo
sarà sconnesso col reale, porterà le musiche dei territori alla dispersione
o sparizione? Sarà 'indotto' da regie occulte? Sorgono nuove estetiche che rivoluzionano
da cima a fondo le abitudini dei compositori. E' il caso di cogliere il senso
di queste stratigrafie, di lanciare le opere in questa straordinaria avventura.
Si tratta solo di rimuovere nomi, lasciar circolare virus, rinunciare a territori
d'appartenenza" (da "Konsequenz", n. 1/95).
Bibliografia
Tito Aprea, Rubato
ma non troppo ovvero il plagio musicale, Roma, De Santis 1982
Walter Benjamin,
L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, nuova edizione,
Torino, Einaudi 1991
Luciano Chailly, "Plagi musicali", in "Konsequenz", numero
1/99, Napoli, Liguori 1999
Bernard Champigneulle, Histoire de la musique, Puf 1981
Michel Chion, Musica, media e tecnologie, Milano, Il Saggiatore 1996
Girolamo De Simone, "Estetiche del Plagio", in "Konsequenz", numero 1/95, Napoli,
Edizioni Scientifiche Italiane 1995
Girolamo De Simone, L'altra avanguardia,
numero 1/96, monografico di "Konsequenz", Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane
1996
Girolamo De Simone, "Storia di un plagio", in "Konsequenz", numero 1/97,
Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane 1997
Andrea Frova, Bravo Sebastian,
Firenze, Sansoni 1989
Richard Middleton, Studiare la popular music, Milano,
Feltrinelli 1994
Giuseppe Padellaro, Il diritto d'autore, Milano 1972, Casa
editrice Francesco Vallardi - Società Editrice Libraria
Mario Fabiani, "Diritto
d'autore e globalizzazione dell'informazione", rubrica "legislazione" in Bollettino
Siae, n. 6 Novembre-Dicembre 1999
Discografia
AA.VV., "Bizantine secular classical
music" (first recording ever, Orata Ltd)
Haendel, "Israel in Aegypten", Charles
Mackerras, Leeeds Festival Chor, Engl. Chamber Orch. (Deutsche Grammophon)
AA.VV.,
"Bach & Venezia" (dieci MC, Frequenz 1980)
AA.VV., "Pachelbel, Albinoni, other
baroque favourites" (Rca Victrola)
Bach-Walton, "The Wise Virgins" (arranged
from music by J.S. Bach: trascrizioni-reinvenzioni per orchestra sinfonica) (Chandos)
Bach-Kempff, "Kempff joue Bach, transcriptions pour piano" (Deutsche
Grammophon)
Puccini, "Tosca", Molinari Pradelli, Tebaldi, Monaco, etc. (Decca)
Erik Satie, "3 Gymnopédies & other piano works", eseguite al pianoforte da Pascal
Rogé (Decca)
Igor Stravinskij, "Pulcinella", su temi di Pergolesi, Abbado (Deutsche
Grammophon)
Le Loup Garolu (Polosud 1997)
Lorenzo Brusci e Andrea De Luca, "Shadows"
(i Dichi Forma, Via Isidoro del Lungo 27, 52025 Montevarchi -Ar)
Peter Breiner,
"Beatles go Baroque" (Naxos International)
Giancarlo Cardini, "Le canzoni che
ho amato, omaggio a Umberto Bindi" (Materiali sonori)
Daniele Sepe, "Vite Perdite"
(Polo Sud)
Daniele Sepe, "Spiritus Mundi" (Polo Sud)
Jan Garbarek - Hilliard
Ensemble, "Officium" (ECM)
John Zorn, Road Runner, in Guy Klucesvek, "Manhattan Cascade" (Cri)
Hildegard Von Bingen / Souther, "Vision" (Angel)