Una rilettura sofisticata e intrigante della Dissonanza

Scarlatti "contaminato" da De Simone

di Elisabetta Abignente
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NAPOLI - Contemporaneità è contaminazione. È capacità di ridare ossigeno alla tradizione rimettendola sui binari del tempo. È voglia di sottrarre la celebrazione del passato da ogni retorica e convenzione. È desiderio di smontare e di ricomporre, di penetrare nel cuore della materia e di ridarle forma, con creatività. Contaminazione è la parola chiave del percorso artistico di Girolamo De Simone, compositore, pianista e elettro-performer partenopeo, che ama indugiare sulle linee di frontiera, reali e metaforiche, di cui la musica contemporanea si nutre. Lo stesso concetto di contaminazione ha funzionato da efficace leitmotiv del suo ultimo lavoro, intitolato scarl/ACT e dedicato all’opera di Domenico Scarlatti nel duecentocinquantesimo anniversario dalla morte. De Simone decide di ricordarlo e di penetrare il senso del suo comporre attraverso un’installazione, ospitata al Palazzo delle Arti di Napoli dal 13 al 22 dicembre.
Fonti sonore sovrapposte, video e monitor dai colori accesi e cangianti, fragranze suggestive, il lavoro di De Simone è il risultato di un lungo processo di smontaggio, di analisi, di riassemblaggio creativo, o meglio di "metamorfosi elettronica", dell’opera di Scarlatti. E in particolare delle sue celebri sonate per clavicembalo, irriconoscibili nel magma di suoni dell’installazione ma "materia prima" su cui si fonda tutto il lavoro di rielaborazione. Negli spartiti originali di quelle sonate, epurati dall’Accademia del tempo, erano infatti contenuti i primi germi della dirompente linguaggio della Dissonanza. De Simone ne ha inciso, con il suo Steinway, centinaia di frammenti, e poi, con lo stretto strumento aloni, bordoni, riverberi. Il tutto è stato rielaborato al computer attraverso procedimenti di sintesi granulare e poi moltiplicato spalmando il suo effetto su cinque fonti sonore, diverse e compatibili in modo da risultare continuamente sovrapponibili. Lo stesso procedimento è stato seguito per le immagini, assemblate e rielaborate da Michele Liguori, giovane video-maker e artista visuale. Il risultato è una rilettura multimediale della Dissonanza, sofisticata e intrigante, che nel suo impatto visivo e acustico svela una certa continuità con i lavori di Fluxus o con le installazioni di Brian Eno, di recente proposte in città. Unica, pecca, forse, la saletta del PAN, troppo piccola per simili esperimenti sonori, che hanno bisogno di aria e di ampi spazi in cui riecheggiare. Aspetto che però l’atmosfera inconfondibile di Palazzo Roccella e la sua posizione centrale, nel cuore di Napoli, hanno saputo pienamente compensare.