Che musica ragazzi
(inserto Ultrasuoni), in
Ultrasuoni/Alias n. 9, il manifesto del 2 marzo 2002
...e adesso musica! di Girolamo
De Simone, pubblicato dall’
“Isola dei ragazzi” è stato pensato per i bambini, e tuttavia non cede
alle semplificazioni imposte da una editoria che mira soltanto alla
“tecnica” dell’apprendimento musicale. Per questo il volumetto è
radicalmente antiaccademico e non accoglie logiche bipartisan. I suoi
presupposti sono semplici. Primo: non c’è discriminazione tra i differenti
sistemi musicali. Laddove storicamente tale discriminazione è esistita, essa
viene segnalata e sanzionata. Secondo: il Novecento ha apportato tante e tali
innovazioni da sconvolgere profondamente anche la teoria musicale ed il modo
di insegnarla. Da qui l’importanza data nel libro a Stravinskij, a Cage, e
ad altri compositori del secolo trascorso. Terzo: promuovere uno sforzo di
sistematizzazione, appena iniziato e non facilmente rinvenibile nei testi
dedicati ai giovani che cominciano a suonare. Ciò spiega nel profondo
l’indifferenza verso il Novecento e le sue tecniche ostentata da molteplici
strumentisti già formati, ed il penoso arrancare della musica laddove essa
tenti di farsi ‘ragionamento’ educativo, al di là della mera prassi
esecutiva. Questo volumetto, dal quale proponiamo alcuni stralci modificati
per l’occasione dall’autore, è un primo passo svolto in questa direzione. Le illustrazioni di Luca Dalisi tratte dai
volumi “...e adesso musica!” di Girolamo De Simone e “Quanto rumore per
decibel!” di Francesca Gomez Paloma, compaiono per gentile concessione delle
edizioni “L’Isola dei ragazzi”. La Musica C’era una volta un
antico modo per dire cosa fosse la musica: «l’arte di combinare i suoni».
Tanto tempo dopo si giunse al Novecento. Poi trascorse anche quel secolo, e la
musica divenne qualcosa di più ampio e più vario. La musica decise di usare
anche i rumori, considerandoli come ‘suoni’ un po’ meno regolari. Ciò
avvenne perché non si voleva più distinguere tra cose pure e cose impure,
tra cose più o meno ‘regolari’ o ‘normali’, ma rivolgersi solo a cose
funzionali al nostro stato d’animo. Ci fu un musicista
straordinario, che amava raccogliere funghi e partecipare a... quiz
televisivi: si chiamava John Cage. Ci insegnò che la musica poteva anche
essere prodotta quasi per caso. Così oggi pensiamo
che la musica sia il combinar(si) di suoni e rumori. C’è quella parentesi
perché la musica può farsi quasi “da sola”, oppure possiamo produrla in
modi diversi da come si faceva in passato, tanti e tanti anni fa. Quanti sistemi per suonare! I suoni ed i rumori
possono combinarsi in modo diverso. I sistemi di combinazione sono tanti, e
tra questi ci sono: ...quello tonale: ...quello modale ...quello
aleatorio ... fate dei
“suoni elefante” sui tasti a sinistra. Fate dei “suoni farfalla” sui
tasti a destra. Fate dei “suoni grappolo” con la mano aperta sui tasti al
centro. Il centro del pianoforte lo si vede... dal posto in cui si mette la
chiave del coperchio. Ora chiudete il coperchio, battete col palmo della mano:
quell’alone magico si mischia con l’aria della stanza. Ogni parte del
pianoforte suona in modo diverso! Perché un suono è proprio “quel” suono
L’Altezza ci fa distinguere i suoni in acuti e gravi. L’Intensità ci fa distinguere i suoni in forti o deboli.Il Timbro ci fa distinguere la fonte dei suoni (ad esempio se li produce uno strumento o un altro, la voce o il computer). La Durata è l’articolazione temporale di un suono, cioè la sua lunghezza. Un suono è “quel” suono e non un altro proprio perché si differenzia dagli altri per tutte queste caratteristiche. Nomi e “cognomi” dei suoni Suoni e rumori hanno
certamente una consistenza sensoriale. Di fronte ad uno scoppio, tutti noi
avvertiamo sensazioni molto forti, di varia natura. Tuttavia i suoni tendono ad essere effimeri, cioè passeggeri, come
spesso accade anche con le parole. Non appena i sistemi musicali divennero più
complicati, un problema fu quello di trovare un sistema di scrittura o
‘notazione’ che permettesse di conservare le melodie (prima) e le armonie
(poi) esattamente così come erano state eseguite. Il Tempo La musica ha molto a
che fare con il tempo. I suoni, i rumori, e perfino il silenzio hanno in
comune tra loro il passare del tempo. Al di sotto di ogni evento sonoro
dobbiamo sempre immaginare lo scorrimento di una sorta di pista immaginaria.
Il tempo è sia oggettivo (misurabile con strumenti di precisione) che
soggettivo (perché ogni evento temporale può sembrarci lungo un’eternità
o breve come il battito d’ali di una farfalla). Che Ritmo! Un aspetto collegato
al tempo in senso lato è il ritmo. Lo Spazio... I suoni come abbiamo visto sono in relazione temporale. Essi, tuttavia, generalmente si susseguono in un certo modo, più o meno strutturato. Quando consideriamo la loro successione non semplicemente sotto l’aspetto temporale, ma anche sotto l’aspetto del loro significato, essi danno luogo alla melodia. La melodia può o meno essere inserita nel sistema tonale. Per semplicità generalmente parliamo di una ‘melodia’ tonale, perché può essere canticchiata. La melodia, quindi, è la successione lineare (orizzontale) di più suoni. ... verticale: armonia Quando in un brano
musicale esistono più linee di suoni sovrapposte, ecco che tra loro nasce
anche una relazione ‘verticale’ o armonica. La forma musicale Quando gli elementi temporali e spaziali vengono posti in certe relazioni reciproche già stabilite per convenzione o per evoluzione storica, tale relazione o fusione dà luogo ad una certa forma musicale. La forma può essere considerata come l’architettura di un brano, prescindendo dal fatto che poi quella architettura identifichi o meno un genere. Ogni brano avrà una sua architettura, più o meno vicina ad alcuni standard convenzionali, che assumono i nomi, ad esempio, di ‘Sonata’, ‘Danza’, ‘Fuga’, etc. Respiriamo ed esprimiamo Un aspetto molto
importante per chi comincia a suonare, e che tuttavia viene spesso trascurato,
è quello dell’espressione, di cui fanno parte la Dinamica
(tutto quanto ha a che fare con i coloriti, i ‘forti’ ed i ‘piano’ del
pezzo), il Fraseggio (nel quale
rientrano anche i cosiddetti ‘segni di espressione’), le agogiche (le
dilatazioni simili al respiro delle persone) e, in senso lato,
l’interpretazione. Senza interpretazione non ci sarebbe differenza tra
l’esecuzione di un essere umano e quella di un carillon!
(BOX) Un po’ di storia dal Novecento Un grandissimo
musicista, trattato un po’ male da alcuni signori che scrissero di musica fu
Igor Stravinskij. Versatile, eclettico e geniale, avversato dagli accademici,
fu invece uno dei pochi a capire in che direzione stesse andando la musica che
noi oggi ascoltiamo. (BOX) Quindici parole Accompagnamento: c’è quando uno strumentista ‘accompagna’ un altro nell’esecuzione. Non deve esserci antagonismo tra i due bambini: la parte che accompagna, generalmente fatta di accordi, fa da tessuto alla parte melodica: entrambe sono indispensabili! Agogica: è il particolare respiro che lo strumentista conferisce ad una frase e ad un brano. Consiste in un misurato allargamento e corrispettivo restringimento delle maglie ritmiche su quello che è il sostrato metrico del brano. Arrangiamento: è l’adattamento di un brano originariamente per
altro strumento o formazione strumentale. Può essere più o meno ardito e
libero. Si indica più propriamente con il termine ‘trascrizione’. Cadenza: è una formula convenzionale che suggerisce allo strumentista che si sta per ‘chiudere’ un brano o una parte importante di un brano. Esistono più formule cadenzali, generalmente piuttosto semplici da riconoscere. Enarmonia: si crea tra due suoni di identica altezza ma di nome e segnatura differente (ad esempio do diesie e re bemolle). Fondamentale: indica sia la nota iniziale di una scala (o tonica), sia il suono principale di un accordo, sia il suono in relazione alle sue derivate armoniche. Incipit: si può chiamare così l’inizio di un brano o di una parte o frase di esso particolarmente significativa. Metronomo: è uno strumento di misurazione che batte il tempo di un
brano. Vale a dire che ci segnala le pulsazioni metriche del brano (tarate
sulle unità di movimento o suddivisione, se con un tempo molto veloce anche
sull’unità di misura), in modo da consentire all’esecutore una maggiore
precisione ritmica. Musica da camera: è la musica scritta per piccoli complessi strumentali (o vocali e strumentali), da un minimo di due fino ad un massimo di dieci strumenti. La musica orchestrale non è musica da camera, ma genericamente musica d’insieme. Partitura: termine con il quale si indica la pagina scritta che
accoglie più parti contemporaneamente. Si distingue perciò dallo spartito,
termine che indica le singole parti strumentali. Polifonia: termine che indica la scrittura musicale a più voci. Tali voci generalmente si intendono presenti simultaneamente, cioè contemporaneamente. Ritornello: ha più significati. Quello che più interessa la pratica strumentale è il ritornello inteso come segno grafico (i due punti prima del doppio spezzabattute) che implica una ripetizione di una intera sezione o di una o più battute di un brano. Smorzando: indicazione che suggerisce agli strumentisti di attenuare progressivamente l’intensità sonora assieme alla pulsazione ritmica. Vibrato: nella pratica strumentale indica un rapidissimo oscillare del suono verso l’acuto e il grave. Si ottiene con tecniche particolari nei differenti strumenti. Voci: le voci umane sono bianche, maschili o femminili. Le voci
bianche sono quelle dei bambini fino agli undici/dodici anni. Le maschili sono
quelle di tenore, baritono e basso. Le femminili quelle di soprano,
mezzosoprano e contralto. Esistono molteplici varietà intermedie qui non
elencate. Per voci si intendono anche le parti di un accordo, se assumono un
significato polifonico (vedi). Autore: Girolamo De Simone |