Pietro Grossi mescolò fra loro
intuizioni musicali, estetiche, sociologiche, precorrendo i tempi ed
anticipando quelle che sarebbero state le tecnologie e teorie utilizzate oggi
per realizzare in ogni casa strumenti di comunicazione, divertimento,
creatività, comfort. Fu un musicista prestato alla scienza, un sensitivo
dotato di una straordinaria e visionaria capacità di guardare lontano, lo «sguardo
oltre il tramonto» auspicato da Goethe. Il numero e la complessità delle sue
precognizioni, soprattutto la loro funzione ‘segnaletica’ e storica,
meritano nuove opportunità conoscitive, spazi critici e strumenti analitici
provenienti da più discipline. Una occasione per incontrare la sua musica,
vedere le sue opere e ascoltare l’ultima intervista da lui registrata sarà
il concerto che stava preparando assieme all’estensore di queste note, e che
si terrà ugualmente, come concordato con lui, il 17 maggio al teatro
d’avanguardia partenopeo Galleria Toledo. Quelle che seguono, sono invece
alcune tracce, degli estratti divulgativi preparati col medesimo spirito col
quale Grossi confezionava i suoi
‘demo’ musicali e grafici: estraendo da ogni brano pochi minuti di musica,
e da ciascun caleidoscopio grafico, un solo fermo-immagine.
Il
musicista
Grossi nasce eccelso violoncellista: lavorerà per trent’anni nella
prestigiosa orchestra del Maggio Musicale fiorentino. Ricoprì la cattedra di
violoncello al Conservatorio Cherubini fino a maggio del 1985. Fonda a sue
spese il primo Studio di Fonologia nel 1963, ottenendo due anni dopo
l’istituzione della prima cattedra italiana di musica elettronica che
ricoprirà assieme a quella di violoncello finché non verrà ricondotta in
organico. Grossi trasportò in Conservatorio tutti i suoi strumenti
elettroacustici, forgiando decine di allievi. Nel 1968 organizza per il Maggio
fiorentino il primo Congresso Internazionale di Musica elettroacustica. Sono
anni di fermento: un decennio che considerava in assoluto come il più
creativo e produttivo. Realizza molte trasmissioni per la Rai, compie le prime
esperienze per la Olivetti , per il CNUCE di Pisa, poi divenuto centro del CNR.
Il
divulgatore
Grossi fu tra i primi a promuovere l’opera di John Cage in Italia. Bruno
Maderna lo aveva già invitato nel 1949 a partecipare ad un convegno sulla
musica dodecafonica. Cage fu poi a Milano con David Tudor nel 1954, questa
volta per merito di Luciano Berio e di Gino Negri.
Grossi ne programmò la musica nel 1961, non appena ebbe fondata
l’Associazione «Vita musicale contemporanea», in un concerto monografico
rivolto alla produzione americana. La prima serata monografica italiana
dedicata a Cage fu realizzata sempre da Pietro Grossi nel 1965, per la
medesima associazione. Con lo stesso rigore l’associazione si occupò poi
della musica dei compositori dell’Est, e di quelli sudamericani.
Nonostante il suo lavoro pionieristico incontrasse l’ostilità delle caste
musicali ufficiali e della critica, l’associazione continuò a realizzare
produzioni controcorrente, collegandosi con le altre realtà elettroniche
italiane e straniere, dallo Studio RTF di Parigi al WDR di Colonia, agli studi
Columbia-Princeton di New York e lavorando a stretto contatto con Teresa
Rampazzi, fondatrice dell’NPS di Padova e con
Enore Zaffiri, dello SME di Torino.
Grossi ebbe il ‘fiuto’ di dedicare due serate ai “Cortometraggi con
musica elettronica e concreta”: “Arte programmata” e “I colori della
luce” con la musica di Berio e le parti visive di Marcello Piccardo e
dell’architetto Bruno Munari. Gli altri autori erano quelli di compositori
oggi nella storia: Ivo Malec, Bernard Parmegiani, Luc Ferrari ed altri.
L’etica della pigrizia
Non secondaria, e ispiratrice anche della sua linea estetica, la convinzione
che la tecnologia dovesse essere funzionale al risparmio di tempo, alla
moltiplicazione dei gesti creativi, alla possibilità di avere più tempo per
la vita, ed evitare che si venisse dominati dagli strumenti acustici e in
generale dagli oggetti. Giocando con il suo nome venne fuori la sigla
“Pigro”, poi utilizzata per firmare i dischi e le produzioni. Strana
contraddizione che un uomo così attivo e progettuale, che assumeva come
ideale di lavoro la velocità adottasse poi come sigla ed etica di
comportamento il risparmio di energia, la prigrizia. Esse naturalmente celano
una più alta idealità, legata al filo rosso Kant-Weininger, di rispetto per
l’uomo, e distinzione tra il dominio sugli oggetti da un lato e invadenza
della proprietà dall’altro. Celano ancora il desiderio dell’anonimato a
favore del lavoro di gruppo svolto nello studio elettronico, e la necessità
di ridimensionare la funzione della proprietà privata sull’opera artistica
e intellettuale: non c’è possesso sulle buone idee. Usare gli oggetti nella misura in cui possiamo controllarli,
senza subirne l’invadenza senza limite provata dai virtuosi o da quei
ricercatori assorbiti a tal punto dai loro laboratori da risultare poi
incapaci di valutare esito e impatto sociale delle loro scoperte.
Il
pioniere
Dapprima Grossi applicò la tecnica elettronica ai repertori tradizionali.
L’esigenza nasceva dall’insofferenza tipica degli esecutori tradizionali
in tema di controllo dello strumento acustico e di inevitabile scarto tra idea
sonora e sua realizzazione: un deficit della prassi sull’immaginazione. Si
parla di esigenze venute fuori in musicisti del calibro di Ferruccio Busoni,
leggendario pianista e compositore, ma anche teorico ed esteta,o di Percy
Grainger, altro celebre pianista-compositore che per limitare invadenza di
scale ed arpeggi si costruì nel 1944 una macchina musicale elettronica. La
sensibilità di Grossi era in linea con questo tipo di desiderio, e non deve
meravigliare che gran parte della sua produzione fosse rivolta al rifacimento
«senza sforzo» delle principali opere di repertorio della tradizione
classica, senza per queso ignorarne alcune provenienti da mondi contigui. Un
esempio eccellente, citato spesso da Grossi, è la Sagra della primavera di
Stravinskij realizzata nel 1975, forzando al massimo delle sue possibilità un
sistema allora all’avanguardia denominato TAU2.
Siamo in un periodo in cui realizzare alcuni comandi oggi azionabili per gioco
in qualsiasi computer richiedeva notevolissimi sforzi di programmazione. Si
usavano comandi come ‘Invert’ (invertire i rapporti intervallari);
‘Scale’ (per cambiare il temperamento) o ‘Goback’ (per far eseguire
alla macchina degli aventi al contrario). Cose del genere le facciamo oggi
anche con i telefoni cellulari.
Grossi è tra i primi a realizzare un concerto telematico a distanza,
effettuaando un collegamento tra Rimini e Pisa, e suonando e rielaborando a
distanza sequenze casuali di suoni. Teorizzerà di un futuro in cui
trasmettere suoni e algoritmi a distanza attraverso i cavi telefonici, cosa
poi puntualmente verificatasi con la tecnologia Mp3.
Inventò software in grado di rilevare da un archivio sonoro alcuni
sottoinsiemi, rilevandone le altezze e le durate, non a fini statistici ma per
farne delle modifiche creative. Era sottintesa la possibilità di leggere
questi esperimenti dal punto di vista delle nuove estetiche:
ogni brano veniva utilizzato come un materiale oggettivo, da
condividere senza rivendicarne il possesso. Ricerche di questo tipo oggi
vengono considerate all’avanguardia dai ricercatori dell’Università di
Stanford, che pensano di esserne pionieri solo perché ne pubblicano i
risultati per il Massachusetts Institute of Technology. Ma Grossi aveva
pubblicato i risultati di queste ricerche nel 1980 e messo in rete tutti i
suoi software fin dal 1996! Fin dal 1961, allo Studio di Milano, aveva
realizzato per la prima volta in Italia musica programmata o algoritmica.
A metà degli anni Ottanta, i principi estetici che ispirano la sua musica
vengono rivolti altrove.Dal 1986 si dedica a quella che definirà ‘Homeart’,
arte grafica domestica, «estemporanea, effimera, creata per se stessi», che
può realizzarsi con facilità a casa propria, in molteplici ‘copie
uniche’. In modo simile produrrà, con stampanti ad aghi, degli ‘unicum’
grafici chiamati ‘Homebooks’; chi scrive ne possiede due, con piccole ma
significative varianti. Usava per la grafica e la videoarte intuizioni usate
oggi dai Veejai.
Il
politico
Etica, estetica e politica: tre cose sotterranee ma ‘esposte in evidenza’
nell’opera di Grossi. La stessa ‘Homeart’ non va indirizzata «al
giudizio altrui», non per presunzione o solipsismo estetico, ma perché essa
cambia continuamente, asseconda l’esigenza creativa del momento, fa da
sfondo, è quasi ‘ambient’. Un giudizio, scriveva Grossi, «non lo merita
nemmeno, perché basta cambiare un numero e cambia tutto». Quando nel 1972
vende il suo violoncello, il motivo è politico: può l’uomo sentirsi ‘impegnato’,
legato totalmente ad uno strumento? La risposta di Grossi fu quella di
appendere l’archetto a un chiodo. Lo scopo ultimo non è quello di esporsi
al gradimento altrui attraverso l’esibizione, o di mantenere come propria
una composizione: un atteggiamento di possesso, conservativo; ma quello di
stabilire un rapporto di elastica continuità creativa con gli oggetti e le
macchine che ci circondano: «una volta creata, una struttura musicale o
grafica non ha più vita. Se ne può fare subito un’altra. E allora mi
chiedo a che scopo farla sentire o vedere, forse solo per suggerire: guarda
cosa puoi fare tu!»
Dischi
& libri (selezione)
Paganini al computer (Edipan 1982)
Sound Life (Edipan 1985)
Computer Music (Edipan 1988)
Computer Music (CD, Edipan 3006 1990)
P. Grossi, Musica senza musicisti, Firenze 1987, CNUCE/CNR
F. Giomi - M. Ligabue, L’istante zero, Firenze 1999, Sismel
Aa.Vv., Arte & Computer, catalogo, Firenze 2000, Mediared
P. Grossi - G. De Simone, Corrispondenza, inedita